Di chi sono gli spazi sociali? Una riflessione sull’Agorà e la repressione della socialità giovanile.
Venerdì 27 maggio gli studenti del CASL (Collettivo Autonomo Studenti Lucchesi) si sono riuniti nel chiostro della Biblioteca Comunale Agorà, allestendo uno spazio merenda aperto a tutti i frequentatori della struttura. Questo il testo dell’evento pubblicizzato su Facebook:
“Abbiamo deciso di lanciare questa iniziativa per ”rivitalizzare” l’unico spazio a Lucca concesso ai giovani, in quanto il Comune si guarda bene dall’investire su spazi pubblici dove fare socialità e aggregazione, dando piuttosto spazio a privati che hanno il solo scopo di crearsi una bella immagine all’interno di questa città-vetrina. Rivitalizzare la Biblioteca Agorà dal momento che da un anno a questa parte la presenza costante di una guardia giurata all’interno del chiostro ha fatto si che lo spazio divenisse solo un luogo di ”consumo”, mettendo da parte quindi l’aspetto sociale e aggregativo, affermando ancora una volta la linea repressiva che il Comune intraprende ogni giorno. Si preferisce quindi investire su una guardia piuttosto che sull’aggiornamento dei libri, su una rete wi-fi funzionante, su computer e prese all’interno dell’aula studio, sul personale affinché la biblioteca rimanga aperta anche il lunedì. Siamo stanchi di non essere ascoltati.”
Il pomeriggio è trascorso senza intoppi, i ragazzi hanno offerto da mangiare e da bere, hanno messo a disposizione qualche volantino con le loro critiche alla gestione dello spazio comunale, hanno presentato la loro fanzine autoprodotta “Sputnik” e, passata qualche ora, dopo aver ripulito e tolto i resti del banchetto della merenda, se ne sono tranquillamente andati.
Motivo scatenante della merenda è stata dunque la volontà degli studenti di spezzare quella nuova normalità portata dalla presenza di una guardia giurata nel chiostro principale della biblioteca, nonché riproporre il centro culturale Agorà come luogo di vita giovanile in generale, non solo luogo di studio e di consumo culturale.
La presenza della forza privata, presente nella biblioteca tutti i giorni di apertura dalle 16 alle 19.30, evidenzia non solo un plateale spreco di finanze pubbliche in una situazione di evidente difficoltà economica, ma soprattutto l’incapacità dell’amministrazione di relazionarsi con i giovani che avevano trovato nell’Agorà un luogo di socialità e aggregazione.
L’incapacità di includere giovani in percorsi di partecipazione e autogestione, assieme al progressivo allineamento della giunta comunale con il PD renziano, hanno prodotto quei risultati che si stanno osservando nei contesti studenteschi di varie città: disgregare le componenti studentesche e sostituire le politiche pubbliche con le forze di polizia (in questo caso privata) per le quali si trovano sempre i soldi.
La presenza di polizia privata all’interno di una biblioteca pubblica deve quindi essere inserita in un contesto più ampio di guerra al “degrado” e criminalizzazione dei giovani.
Chi è un frequentatore di lunga data dell’Agorà certamente saprà che non è la prima volta che un collettivo si presenta per proporre le proprie attività.
Primo atto fu la mobilitazione studentesca del Dicembre 2012 che portò all’occupazione di un paio di giorni dello spazio, a cui fecero seguito molte promesse da parte dell’amministrazione, registrate nelle parole ai giornali: “la mancanza degli spazi aggregativi è stata evidenziata sin dalla campagna elettorale e ha determinato che uno degli obiettivi della giunta sarebbe stata la realizzazione di politiche giovanili basate sull’autonomia e la responsabilità dei giovani. In coerenza con questo principio l’amministrazione comunale ha risposto alle manifestazioni degli studenti iniziando un dialogo impegnato e costante”.
Nel 2013 gli studenti medi e universitari proprio del Collettivo Autonomo Studenti Lucchesi portarono avanti la loro protesta organizzando un’assemblea permanente dentro l’Agorà, chiedendo di essere ascoltati e avanzando proposte concrete di autogestione dello spazio, ma il tentativo cadde nel vuoto e nel silenzio della controparte, così da allora gli uffici del comune hanno continuato ad ignorare le richieste degli utenti.
Col tempo le attività più conflittuali verso l’amministrazione della struttura, forse a causa dell’impossibilità di ottenere risultati concreti, si sono affievolite. Ma, nonostante divieti, proibizioni e le richieste di pagamento degli spazi (fino a 200 euro per l’uso pomeridiano di una sala), gli studenti hanno continuato ad organizzare assemblee, momenti di confronto e, nel 2014, anche la conferenza stampa di apertura dell’ormai affermato festival del fumetto indipendente BORDA!Fest, ospitando il noto fumettista ZeroCalcare.
Qualcuno si potrebbe chiedere: come mai tanto fermento intorno a una biblioteca?
Perché non è una semplice biblioteca. E’ anche un “centro culturale”, c’è un auditorium utilizzabile per incontri e conferenze (alla ‘modica’ cifra di 125 euro per 5 ore), delle stanze per bambini e ragazzi. Si possono inoltre prendere in prestito presso la mediateca DVD, vhs e cd musicali oppure usufruirne sul posto. Non dimentichiamoci inoltre dell’emeroteca, dove è possibile sedersi e leggere giornali, riviste di ogni genere (musica, storia, sport, ecc…) ed usufruire di un computer con connessione wi-fi, connessione disponibile a tutti tramite iscrizione.
Questo centro culturale offre anche numerosi corsi, da attività musicali ad attività per bambini, passando per innumerevoli incontri nei quali vengono affrontati i più svariati temi. Il chiostro interno spesso ospita mostre o attività come il mercato dei libri usati.
Da qualche mese è stata pure adibita una stanza ai servizi Informa Giovani e Informa Donna.
Insomma, l’agorà sembra un paradiso, è molto meglio di una biblioteca. Qual è il problema?
Per i frequentatori occasionali, che si limitano usufruire di ciò che viene offerto dall’amministrazione, può sembrare che tutto vada per il meglio. Ma questi frequentatori occasionali non sono che consumatori, nel senso più neutrale del termine. Si accontentano cioè di quanto è già dato e si ritengono soddisfatti così.
Peccato che non tutti la pensino allo stesso modo. Da almeno dieci anni infatti l’agorà non è soltanto un “centro culturale”, ma uno spazio vivace socialmente. Grazie al suo grande chiostro ed alla sua posizione centrale all’interno della città, ha attirato chi, soprattutto tra i giovani, ha avuto bisogno di una zona riparata dalla pioggia o dal sole troppo caldo.
Oltre agli studenti modello (i frequentatori delle aule studio) il chiostro è diventato il punto d’incontro per molti altri, dagli studenti “meno diligenti” ai giovani lavoratori che prima di andare a casa passavano a salutare i propri amici.
L’Agorà, proprio come suggerirebbe l’origine etimologica della parola, era il luogo nel quale si mantenevano o si creavano numerose relazioni sociali, un punto d’incontro nel quale diverse persone entravano in contatto, con la possibilità di formare una rete di rapporti interpersonali: durante le pause, chi passava il pomeriggio a studiare doveva rapportarsi con altri che invece, per i motivi più disparati, frequentavano l’Agorà solamente per fare due chiacchiere o fumare qualche sigaretta, generando delle dinamiche d’incontro (ma anche di “scontro”) con il diverso.
Questa situazione ha portato alla creazione di una comunità, dove ogni frequentatore abituale era a conoscenza perlomeno delle abitudini degli altri, trovandosi legato a questi, come singolo o come membro di un gruppo, per mezzo di rapporti di simpatia o, come in ogni comunità esistente, di antipatia.
Questo fenomeno spontaneo mostra quanto sia reale la mancanza e allo stesso tempo la necessità di spazi di aggregazione a Lucca, un fenomeno che riflette, più che le politiche, le non-politiche del Comune al riguardo: è fisiologico che se l’amministrazione non risponde alle necessità di una parte della popolazione, questa reinventi strutture adibite ad altro per sopperire alle proprie mancanze.
Arriviamo ora a una prima questione che vorremmo sollevare, e che ci sembra rilevante per inquadrare correttamente tutta la vicenda Agorà, di cui l’episodio di ieri non è che l’ultimo capitolo: di chi è uno spazio? Chi è titolato a gestirlo? Chi decide quali attività vi si debbano svolgere e quali no? Quali persone possano frequentarlo portandovi la propria soggettività e quali no?
È una questione tutt’altro che amministrativa, bensì politica. È possibile, cioè, che uno spazio inizialmente progettato ed adibito a determinate funzioni subisca una trasformazione a partire da chi lo frequenta?
È una questione questa che l’attuale amministrazione della struttura, così come i loro referenti politici, hanno sistematicamente eluso o ignorato. “Questo non si può fare qui, questa è una biblioteca”. Le risposte alle rivendicazioni portate avanti dagli studenti negli anni passati, sono state sempre di questo tenore. Pensiamo che questo tipo di risposte sia rivelatorio di una incapacità di concepire determinati fenomeni come portatori di bisogni sociali, riducendoli a infrazione alle regole.
A fronte di una carenza di spazi appositamente dedicati alla socialità e all’aggregazione giovanile, è naturale che i primi posti dove questo tipo di bisogno può trovare parziale soddisfazione sono i luoghi frequentati da giovani per motivi di studio. Esistono infatti altri casi vicino a noi nei quali uno spazio per studenti diventa più in generale uno spazio di aggregazione, come il Cantiere Giovani in Via del Brennero (a rischio chiusura) o Artemisia a Capannori.
Può essere difficile creare a tavolino luoghi d’incontro, ma non è giustificabile l’incapacità di riconoscere la ricchezza o le potenzialità di simili fenomeni spontanei. Al contrario, la situazione dell’Agorà è stata sempre considerata un problema.
Naturalmente, quando un luogo comincia ad essere frequentato da una composizione giovanile che esprime dei bisogni diversi da quelli dei consumatori dei servizi che quel luogo offre (socializzare invece che studiare, ad esempio), possono generarsi attriti e conflitti. Il brusio, il chiacchericcio o la confusione di chi vuole semplicemente stare in compagnia con gli amici, può dare fastidio a chi invece, più che legittimamente, desidera semplicemente poter studiare in silenzio. Chi delle “parti” ha ragione? Noi diciamo: tutte e due. Compito di un’amministrazione realmente attenta alle politiche giovanili dovrebbe essere quella di rispondere ad entrambe le esigenze. Si è invece preferito reprimere e cacciare via i “frequentatori indesiderati” allo scopo di restaurare l’ordine.
Da alcuni mesi infatti è stato vietato di mangiare e fumare all’interno del chiostro, così, per far rispettare questi nuovi divieti, sono state assunte delle guardie giurate, al fine di presidiare la struttura e vegliare sulla quiete. E’ chiaro che il problema non sono le sigarette e i panini, l’obiettivo è rendere non appetibile la biblioteca ai “bighelloni”. Come in ogni lotta contro il “degrado” (tema su cui ci ripromettiamo di ritornare in un altro articolo) l’obiettivo è eliminare fisicamente il problema, rendendolo invisibile, nascondendolo. Molto più facile e meno faticoso che risolverlo: non si cerca una soluzione in grado di assorbire quello che appare problematico, ma si taglia corto censurandolo; così, in questo caso, questa strategia si manifesta col tentativo di allontanare e disperdere tutti quelli che danneggiano l’aspetto decoroso del “centro culturale”.
I risultati sono evidenti: sono rimasti solamente i consumatori delle attività proposte della biblioteca e chi fruisce delle aule studio. Chi non appartiene a queste categorie si presenta raramente, il problema (reale) del bisogno di aggregazione è stato semplicemente rimosso. Adesso il chiostro è più silenzioso, le mamme che portano i bambini nella zona adibita all’infanzia non rischiano d’incappare in “cattivi esempi” per i loro pargoli, gli studenti non rischiano di essere disturbati dal volume troppo alto delle chiacchiere e un turista, nel caso capiti per sbaglio all’interno del chiostro, può scattare una meravigliosa foto ricordo a quel bellissimo edificio di origine monastica: bello, tranquillo, lindo e semivuoto.
Certamente il problema della convivenza nella struttura di diverse attività può essere complicato, ma esistono altri modi più ragionevoli rispetto alla rimozione della parte aggregativa e, più in particolare, differenti dal mettere delle guardie all’interno di una biblioteca, il massimo risultato di una gestione cieca e limitata. Esistono altre soluzioni. Per esempio, invece di considerare intrusi quella trentina di ragazzi che hanno partecipato alla merenda del CASL, che hanno fatto rivivere al chiostro un po’ della ormai scomparsa vitalità di una volta, è possibile dialogare con loro? E’ possibile far convivere socialità e studio?
L’Agorà è una struttura enorme con un potenziale sfruttato malissimo. Oltre al chiostro c’è un giardino della stessa grandezza, dotato di panchine e ben curato, che inspiegabilmente rimane chiuso al pubblico. Non è possibile spostare la parte di aggregazione in questa zona, distanziando così l’aula studio da possibili disturbi?
Non può essere certo un problema di spese o di gestione a impedire questi miglioramenti, dal momento che viene pagata una guardia (con la stessa spesa potrebbe essere pagato un semplice custode per togliere eventuali cartacce da terra). Non è possibile far gestire quello spazio agli stessi fruitori? E se proprio l’autogestione è un tabù, non esiste altro modo per responsabilizzare i ragazzi invece di considerarli, paternalisticamente, dei soggetti che devono essere controllati?
Ecco un ultimo punto su cui vale la pena riflettere, e che è davvero emblematico di come vengono visti e trattati i giovani in questa città e forse, più in generale, in tutto il paese. Dei soggetti da tenere sotto controllo, da guardare a vista, che devono limitarsi a fare quello che la società si aspetta da loro: studiare, stare zitti, accettare quello che c’è. Peccato che non tutti i giovani, di fronte a una società che offre loro sempre meno prospettive di autonomia e di realizzazione individuale, accettino passivamente il compito loro assegnato. Si può continuare a guardare con fastidio tutto ciò che deborda dal profilo del “bravo studente”, si può continuare a far finta che le politiche giovanili possano essere fatte senza tener conto delle reali e plurali esigenze dei giovani. Rimane il fatto che, senza una politica sugli spazi di aggregazione, situazioni del genere si presenteranno ciclicamente, i ragazzi inventeranno spontaneamente sempre nuovi modi per rimediare alla falle dell’amministrazione comunale riguardo alle politiche giovanili. Sono gli stessi studenti del CASL a dirlo, nel comunicato uscito nella serata di ieri: “Abbiamo lanciato questa iniziativa per rivitalizzare la Biblioteca Agorà, per far capire alla giunta comunale cosi come al direttore dell’Agorà che se mettono da parte la socialità la ricreiamo noi, a modo nostro, per far capire che se ci tolgono gli spazi ce li riprendiamo.”