Dopo l’8 Marzo c’è ancora tanto da conquistare

Dopo il successo della manifestazione dell’8 Marzo in tutta Italia che, seppure ignorata dai media, ha riportato in piazza numeri difficilmente visti in questi anni e coinvolto nello sciopero migliaia di donne, pubblichiamo una breve riflessione di una compagna del gruppo di Aspettando Lotto. 
Oltre al confermato interesse per la 3 giorni di arte e socialità al femminile (quella del 3-4-5 Marzo al Foro Boario), il gruppo è riuscito a smuovere un corteo per le vie del centro lucchese senza lasciarlo alla vuota propaganda istituzionale totalmente incentrata sulla violenza di genere e ovviamente poco incline a sottolineare che la violenza che donne e uomini vivono tutti i giorni è anche quella dello sfruttamento capitalistico e della cancellazione di diritti. Le compagne di Aspettando Lotto e tutte quelle che hanno aderito alla piattaforma Non Una di Meno, questo lo hanno ben capito, e tutti i giorni vivono e praticano il loro femminismo lottando per i diritti di tutte e tutti, dalla lotta per la casa alle tematiche internazionaliste che a Lucca stanno affrontando nel percorso verso la contestazione del G7 del 10-11 Aprile. Un percorso che è solo all’inizio e che ha tutta l’intenzione di proseguire radicando nella lotta uno sguardo e una pratica femminista anche sul nostro territorio.

 

L’otto marzo siamo scese/i nelle strade di Lucca, per rivendicare tutti i punti dello sciopero femminista della rete Non una di Meno. Un corteo con persone di tutte le età, tanti studenti e studentesse, tante donne a rivendicare il diritto di decidere sulla propria vita e sul proprio corpo, il diritto di poter accedere a pratiche di aborto in maniera gratuita e sicura.

Siamo scese/i in piazza soprattutto per riappropriarci, laddove ve ne fosse stato bisogno, di alcuni contenuti che vengono spesso usati da molti come catalizzatori di consenso (es. violenza domestica sulle donne- una forma di violenza molto più immediatamente comprensibile e spendibile in termini di propaganda rispetto ad altre forme più subdole di oppressione).
Riappropriarci di questi contenuti affinché essi significhino quel che devono significare: una lotta contro ogni tipo di violenza, in ogni suo ambito o conformazione, un femminismo trasversale.

Per ricordare a tutti e tutte – a quel corteo composito in primis, alla città, alle istituzioni, e via dicendo – che sì, la violenza domestica sulle donne e quella subita sul posto di lavoro sono una tragica realtà, ma è anche violenza il voler tener fuori dalle frontiere una donna – come chiunque – e non farla restare dove sceglie di stare. È violenza non essere libere e liberi di poter scegliere del proprio futuro, del proprio tempo. Perché ogni giorno è un ricatto, l’obbligo di sottostare alle regole di chi t’impone un lavoro precario, sottopagato o gratuito. Per questo rivendichiamo un reddito di autodeterminazione (di cittadinanza, a livello almeno europeo) perché non esista dipendenza economica e per uscire da ogni tipo di dinamica violenta e imposta, che sia a casa o sul lavoro. Pretendere la parità salariale non è sufficiente quando le forme del lavoro si fanno sempre più frammentate.

Violenza sono le case vuote, le famiglie divise (donne e figli costretti in sistemazioni inappropriate e padri lasciati a loro stessi). Vogliamo una casa dignitosa per tutte e tutti.

Rivendichiamo un femminismo letto in un’ottica più ampia, in una visione che tenga di conto di tutte le altre lotte degli sfruttati, e se ne faccia portavoce e forza trainante.

Lascia un commento

commenti

Shares