Il razzismo non si combatte solo allo stadio. A proposito di una polemica inopportuna
Oggi spendiamo qualche parola sulle polemiche relative al presunto boicottaggio da parte della Curva della Lucchese della visita allo stadio di Dante Unti, e sui danni incalcolabili che può provocare l’arbitraria associazione ultras=estremista di destra che un certo giornalismo sembra voler veicolare.
Il 29 ottobre, in occasione del derby tra Lucchese e Carrarese, si è tenuto al Porta Elisa un momento di raccoglimento e ricordo contro l’antisemitismo e il razzismo, organizzato per volere della FIGC su tutti i campi di A, B e C in reazione ai fatti degli adesivi ritraenti Anna Frank in maglia romanista, con cui alcuni tifosi laziali (riconducibili al gruppo degli “Irriducibili”) avevano tappezzato la Curva Sud dello stadio Olimpico, casa tradizionale del tifo giallorosso. Gli Irriducibili, abitualmente padroni della Nord, in occasione di Lazio-Cagliari (22 ottobre) sono migrati verso la Sud per via della squalifica del proprio settore, causa insulti razzisti nel precedente match casalingo, approfittando dell’offerta della società Lazio di dar biglietti a prezzo ridotto (1 euro) per gli abbonati del settore chiuso.
A Lucca per questo momento di raccoglimento la società Lucchese ha invitato Dante Unti, 98 anni, deportato e reduce dal campo nazista di Stablack, che accompagnato dall’assessore Marchini e dall’AD rossonero Bini ha ricevuto un gagliardetto della squadra, lasciando poi spazio alla lettura di un brano tratto da “Il diario di Anna Frank” per voce di Turelli (Lucca United) e all’immancabile minuto di silenzio prima del fischio d’inizio. Ma secondo quanto riportato dal Tirreno, il tutto sarebbe stato macchiato dall’assenza della curva rossonera, colpevole di aver deliberatamente disertato la commemorazione. A conferma di ciò, c’è un desolante scatto fotografico che ritrae la Ovest completamente vuota.
Questo articolo del Tirreno ha provocato vive reazioni immediate da parte di uno dei due gruppi della curva, “La Mia Squadra La mia Città”, che in un comunicato ha duramente smentito qualsiasi forma di boicottaggio dell’evento, rigettando l’accusa “di fare politica all’interno dello stadio” e contestando come la foto in questione fosse stata scattata almeno mezz’ora prima dell’inizio della gara. A questo, è seguito il comunicato della stessa Lucchese che chiude il “caso mediatico” dichiarando di non aver “notato atteggiamenti e azioni diverse dalle consuete abitudini dei propri tifosi”.
Cercando di sviscerare questa cronaca dei fatti, urge fare una premessa fondamentale: noi non crediamo nell’antirazzismo un tanto al chilo, non crediamo nell’identificazione ultras=razzista, non crediamo nell’efficacia di certe prese di posizione estemporanee contro un fenomeno, quale il razzismo, ormai ampiamente sdoganato nella società e che sembra diventare un problema (oltretutto di carattere “emergenziale”) solo dentro gli stadi di calcio. Rasenta il comico indignarsi contro l’antisemitismo come se fosse una novità del momento in un contesto sociale ampiamente immunizzato; rasenta l’infame far quasi distinzioni tra il tema del razzismo e dell’antisemitismo, con il secondo agitato come spauracchio e il primo tollerato e alimentato in tutto il circuito mediatico.
Detto questo, vorremmo capire qual era il fine del Tirreno. Perché dal punto di vista cronachistico è stato fatto un buco nell’acqua. Dalla foto in questione, si capisce abbastanza bene come fosse effettivamente di venti minuti o più prima dell’inizio della gara, e non è inusuale lo stazionamento fuori dallo stadio dei gruppi ultras fino a poco prima del fischio d’inizio, tranne in caso di partite particolari ove sono previste coreografie. Va aggiunto che comunque, vuoi per l’orario serale o vuoi per quant’altro, Lucchese-Carrarese ha visto appena 2400 spettatori sugli spalti, dei quali 7-800 carrarini (loro già presenti prima della gara, come di regola per gli accessi al settore ospiti). Anche a inizio gara, all’impatto il porta Elisa (sulla carta 12mila posti, ridotti a poco più di 7mila per rispetto delle normative federali) doveva apparire come semideserto, e tale era effettivamente a venti minuti dall’inizio, in ogni settore.
Se al Tirreno invece volevano porre l’attenzione sulle ben note colorazioni politiche della curva, beh anche qui si è fatto un buco nell’acqua. Al di là del fatto che le tinte nazifasciste del gruppo ultras “La Meglio Gioventù” sono note da anni e anni – ce ne siamo occupati anche noi -, un effetto banale di questa sparata è stato l’aver portato prima LMSLMC e poi la stessa Lucchese a rigettare le accuse di comportamenti impropri. Si potrebbe parlare di “egemonia culturale” delle destre in curva? O di “ricatto” verso altri gruppi e società? Forse. Ma in effetti, a ben pensarci, un gruppo relativamente fresco e giovane come “La Mia Squadra La Mia Città” ha ben diritto di non farsi bollare come antisemita o altro, quando effettivamente non ha mai dato adito a simili associazioni e difficilmente gli è imputabile un comportamento “boicottatorio” dell’evento. Di seguito, fisiologico che la Lucchese smentisse tutto chiudendo la questione. Insomma, proprio in nome del “fuori la politica dagli stadi” (mantra di una certa visione di tifo asettico che piace tanto all’opinione pubblica), società e tifo organizzato hanno finito per compattarsi sulle posizioni dell’ala più politicizzata a destra della curva. Un capolavoro.
Dichiariamolo ancora: il razzismo si combatte sempre, non ogni tanto e solo nello stadio. Folle è pensare che nella situazione attuale si continui ad operare come 10 o più anni fa, quando le destre avevano un disperato bisogno di arruolamenti nel tifo ultras perché non avevano agibilità da nessun’altra parte. Pensare questo è restare indietro. Anzi, ora come ora, accadono fatti inversi. Per esempio, nessuno ha notato come proprio a Roma il cambio di clima nazionale ha portato ad un’inversione di tendenza nei rapporti tra Lotito e Irriducibili, ritornati in grande stile dopo anni di magra?
E facciamoci caso anche qui a Lucca: mentre CasaPound fa ascesa nazionale (si veda il caso di Ostia) e alle comunali lucchesi si prende oltre 2900 voti e un consigliere, poco dopo la Banda Thevenot (vera e propria sezione di CPI nella Ovest) si scioglie. Seriamente pensiamo che lo stadio sia indispensabile a CasaPound? O piuttosto, non dovremmo invece riconoscere che la crescita delle destre e la loro recuperata “agibilità politica” cambia radicalmente la prospettiva, con il tifo ultras che passa da esclusiva “fonte di arruolamento” a uno dei tanti ambiti dove far valere la propria egemonia, fino al suo uso come pedina di scambio tra i vari gruppi nazifascisti?
In questo contesto, l’uso dell’ultras (ma non solo, si pensi all’ossessiva campagna contro l’ “hate speech” via web) come foglia di fico per la lotta al razzismo, rischia di aggravare ulteriormente la situazione. Mentre il razzismo sta debordando in ogni dove, su ogni media, in ogni profilo istituzionale e politico, insistere ossessivamente con l’equazione ultras=nazi finirà con il consegnare (o riconsegnare) veramente un’enorme fetta di tifo calcistico alle destre più infami. Ma forse è questo che si vuole, così dispositivi ai limiti del diritto come il DASPO diveranno per l’opinione pubblica non solo “mezzi per difendere l’ordine”, ma anche “strumenti per difendere la legalità antifascista”. Qualunque cosa questo voglia dire.