“Abbiamo bisogno di una soluzione politica”. Intervista a due insegnanti con diploma magistrale in lotta

 

Una recente sentenza del consiglio di Stato ha determinato l’esclusione degli insegnanti della scuola primaria con diploma magistrale dalla possibilità di ottenere un’abilitazione definitiva all’insegnamento, portando nuovamente alla ribalta il problema del precariato nel mondo della scuola (si parla di di oltre 50.000 docenti coinvolti a livello nazionale, di cui oltre 600 nella nostra provincia). Se confermata, questa sentenza determinerebbe infatti l’esclusione dalla possibilità di avere una cattedra di ruolo per un numero consistente di maestri e maestre della scuola primaria che vi insegnano da anni o che erano in diritto di accedervi sulla base della precedente giurisprudenza. 

Cortei e proteste si sono svolte in tutta Italia nel mese di gennaio e si preannunciano ulteriori sviluppi. Siamo andati a intervistare Alessandra Pugliese e Samuele Marsili, due insegnanti coinvolti nelle recenti mobilitazioni a Lucca e Viareggio per dare spazio alle loro ragioni e alle loro rivendicazioni.

 

1)Partiamo dall’inizio. Come mai questa sentenza ha fatto tanto scalpore? E che cosa sono e come funzionano le GAE di cui si parla? Spesso non è facile per chi non è dentro l’ambiente scolastiche capirne le dinamiche…

 

Alessandra: La sentenza è la n. 11 del 20 dicembre 2017 con cui l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha stabilito che il diploma magistrale, conseguito entro l’anno 2001/2002 non è titolo sufficiente all’inserimento in GAE e di conseguenza non da diritto all’assunzione in ruolo. Ha stabilito, in parole più semplici, che i docenti della scuola primaria entrati con riserva, devono essere esclusi dalle GAE e “retrocedere” nelle Graduatorie d’Istituto, quindi essere destinatari esclusivamente di supplenze brevi, temporanee e annuali.

 

La sentenza ha fatto e farà ancora discutere perché  ha “sconfessato” sentenze precedentemente pronunciate dallo stesso Consiglio di Stato. Per quei lavoratori che da decenni garantiscono il funzionamento della scuola, l’avvio e la chiusura dell’anno scolastico, gli scrutini, la redazione delle progettazioni annuali ecc.., questa è una sentenza di “morte” professionale, e uno schiaffo morale a quanti hanno sperato di poter far valere un diritto negato per anni.

è giusto parlare di diritto negato in quanto va a sconfessare un decreto firmato dal Presidente della Repubblica nel 1998 che invece riconosceva al diploma di istituto magistrale, in via permanente, valore legale ed abilitante all’insegnamento.

 

Mi chiedevi delle GAE. Queste nascono con la Legge n. 296 del 27 dicembre del 2006, le Graduatorie Permanenti si trasformano in Graduatorie ad Esaurimento. Viene consentito l’accesso a tutti gli abilitati (compreso chi aveva conseguito l’abilitazione in un altro Stato membro dell’Unione Europea) tranne ai diplomati magistrali in possesso del titolo abilitante conseguito entro l’anno scolastico. 2001- 2002.

Si aprì quindi per noi un nuovo capitolo con molte preoccupazioni e incertezze, perché il nostro diploma nei fatti venne declassato e non più considerato abilitante. Per poter ottenere l’abilitazione, in questo nuovo scenario, divenne necessario superare un concorso. Peccato che dal 1999 al 2012 (ben 13 anni!) non ne sono stati indetti. Soltanto grazie a dei ricorsi che sono stati fatti negli anni è stato possibile essere riammessi (con riserva) nelle GAE e adesso vediamo questo diritto messo nuovamente in discussione.

 

 

2)Che futuro si prospetta davanti a voi nel caso gli effetti di questa sentenza andassero a regime senza alcun intervento da parte del ministero?

 

Alessandra: Abbiamo bisogno di una soluzione politica, che si assuma la responsabilità di tutti noi insegnanti precari che vediamo allontanarsi se non annullarsi la possibilità di essere finalmente stabilizzati dopo anni di sacrifici, passione e senso del dovere con i quali abbiamo svolto questa professione. Cosa succederà? Torneremo ad aspettare le telefonate alla mattina sperando siano  supplenze più lunghe possibili. Saremo costretti ad accettare, comunque, anche supplenze brevi che andranno ad incidere negativamente sul conteggio dei giorni per la liquidazione del Tfr e sulla successiva indennità di disoccupazione (Naspi).

Ma la cosa a mio avviso più devastante sarà accettare l’idea di non avere la possibilità di dare continuità  a quelli che oggi sono i nostri alunni, di non poter veder germogliare i semi piantati. 

 

 

3)C’è una parte del corpo docente (coloro che hanno ottenuto la laurea in Scienze della formazione) che giudica questa sentenza positivamente, vedendosi riconosciuto un “diritto di precedenza” ad insegnare rispetto a chi ha solo il vecchio diploma magistrale. Che cosa rispondete a questi vostri colleghi?

 

Samuele: è importante mettere in chiaro questo punto. Le maestre e i maestri coinvolti dagli effetti di questa sentenza sono la colonna portante della scuola primaria, che la fa materialmente andare avanti ogni giorno, attività di sostegno compresa. Qui hanno fatto passare l’idea per cui la nostra categoria avrebbe approfittato del vecchio diploma per entrare al volo nella scuola e ottenere un posto fisso. Ci sarà magari qualcuno che sarà pure riuscito a farcela in questa maniera, ma la maggior parte di noi sono insegnanti che hanno almeno 5 se non 10 e passa anni di insegnamento alle spalle. Quando ci viene detto che solo chi si è formato con una laurea avrebbe il diritto di insegnare nelle scuole primarie a me viene da rispondere: allora come la mettiamo col fatto che questa stessa scuola, per decenni considerata forse la migliore in Europa, si è basata proprio sull’apporto delle diplomate magistrali. Ma di cosa parliamo quindi? La scuola è in decadenza per i tagli non per i diplomati magistrali.

 

Alessandra: Pienamente d’accordo con Samuele. La contraddizione sta tutta qui: noi siamo al contempo ritenuti non abilitati però siamo chiamati ogni anno a insegnare tramite le Graduatorie d’Istituto, senza che questo sforzo e questo patrimonio di esperienza accumulato negli anni ottenga alcun riconoscimento a livello di formazione acquisita. Ad esempio siamo sistematicamente chiamati a svolgere dei compiti di sostegno a bambini portatori di disabilità pur non essendo specializzati. Qui si apre un’altra paradossale parentesi: è vero che non siamo specializzati tramite un titolo vero e proprio, ma siamo dei docenti assolutamente interessati ed intenzionati ad aggiornare e ad arricchire le nostre competenze attraverso, ad esempio, corsi di formazione. Il problema è che non ce ne viene data la possibilità in itinere.

 

Mi mortificano gli insulti e mi fanno ancora più male quando provengono da educatori o da chi aspira ad esserlo. Noi abbiamo impostato la nostra lotta in maniera pacifica e inclusiva, perché pensiamo che soltanto nei termini dell’unità e compattezza si possano ottenere dei risultati. Alle colleghe laureate in Scienze della Formazione primaria, che hanno tutta la nostra comprensione, vorrei dire però che non è corretto riferirsi a noi come ad insegnanti che occupano un posto per il quale non hanno diritto. Perché? Per il fatto che quando loro studiavano, la maggior parte di noi già lavorava! Stavamo accumulando preziose esperienze sul campo e aggiornando le nostre competenze, facendo insomma quello per cui le nostre colleghe stavano ancora studiando. Per questo alcune esternazioni, oltre a far male sono davvero fuori luogo…

Io posso aspettare anche altri anni prima di entrare di ruolo, non è questo il problema: chi ha più diritto di me è già davanti a me, ma non voglio veder calpestato e sotterrato il diritto ad accedere al ruolo.

 

 

4)Forse la questione cruciale che si ripropone anche in questo caso è la frammentazione e la competizione interna al corpo docente come strategia per mantenere intatto il precariato tramite gerarchie e classifiche di merito. Mentre forse solo un’unità di lotta capace di superare le divisioni potrebbe ridare potere contrattuale, più diritti e potere contrattuale a tutta la categoria…

 

Alessandra: La competizione esiste in tutti gli ambienti lavorativi e può essere anche motivo di stimolo a fare meglio, altra cosa è farsi la guerra. Il fatto reale è che apparteniamo tutti alla stessa categoria che è quella del Precariato (Dm, Sfp, Pas, Tfa, SSIS, FIT), come dice il collega ed amico Luchino Galli: “siamo termini dello stesso problema.”

 

Il nostro percorso per difendere quello che riteniamo essere, a tutti gli effetti un diritto, l’abbiamo intrapreso con toni sempre molto pacati, tenendo ben presente il rispetto e soprattutto la solidarietà che in ogni occasione manifestiamo a tutti i colleghi precari della scuola e in generale a tutti i precari. Siamo sempre stati attenti a non usare parole o espressioni divisive auspicando, sempre, nei nostri interventi, una riforma sistemica della scuola, che dia garanzie a chi da anni, come noi, lavora e vive di questo lavoro e che offra prospettive a tutti coloro i quali hanno scelto di indirizzare la loro vita lavorativa nella scuola. Se riuscissimo ad essere compatti e a marciare insieme potremmo, finalmente, spingere in un’unica direzione che salvaguardi i diritti di ognuno di noi. Il precariato possiamo combatterlo solo se siamo tutti uniti.

 

Samuele: Per noi questa è una battaglia per la difesa e la salvaguardia della scuola, dell’utenza e dei genitori. Dobbiamo evitare la guerra tra poveri, tra laureati e diplomati, tra vincitori e non vincitori di concorso. Diverse categorie che sono state sistematicamente messi l’uno contro l’altro. Anche io mi sono confrontato con alcuni colleghi e colleghe laureati in Scienze della formazione e ho ribadito anche a loro questo: il nostro è un insegnamento che si basa sulla pratica, sull’esperienza quotidiana e sulla metodologia didattica, sul vivere ogni giorno a contatto col bambino e col contesto. Con questo non voglio togliere nulla a una preparazione accademica, ma l’esperienza sul campo è un’altra cosa, e quella che abbiamo maturato nel corso degli anni è giusto che ci venga riconosciuta.

 

 

5)Pensate che riforme come quella della Gelmini o la Buona Scuola di Renzi abbiano migliorato o peggiorato la condizione degli insegnanti precari e degli insegnanti in generale?

 

Alessandra: Gli ultimi vent’anni sono stati, per la scuola, anni di assenza sostanziale di politica, tanto nella riforma dei programmi scolastici che negli investimenti. La riforma Gelmini ha significato sostanzialmente tagli (si pensi alla figura del maestro unico alla scuola primaria che questa ha cercato di reintrodurre) sia sul personale che sulle infrastrutture. Tante promesse sull’innovazione tecnologica, poi disattese; nella mia scuola non abbiamo ancora internet!

La scuola si conferma essere sempre l’ultima ruota del carro nelle priorità dei nostri governanti. I governi Berlusconi hanno poi lasciato dietro di sé un generale svilimento e perdita di considerazione sociale nei confronti della cultura e di tutti i suoi operatori di cui inevitabilmente paghiamo il prezzo…

 

Samuele: Questa tendenza direi che è stata confermata dal corso renziano e dalla Buona Scuola. Molta attenzione a vendere un’immagine di svecchiamento ma svuotata da una realtà ben diversa che è quella della perenne mancanza di fondi.

 

 

6)Anche sul nostro territorio avete portato in piazza le vostre ragioni con un corteo lo scorso 4 gennaio e poi partecipando allo sciopero nazionale dell’8 gennaio. Quante persone si trovano nella vostra stessa situazione nel territorio della nostra provincia? Come avete deciso di organizzarvi per continuare a lottare per i vostri diritti?

 

Alessandra: A livello nazionale gli insegnanti della scuola primaria sono intorno a 53.000, di cui circa 8.000 in Toscana e circa 700 nel territorio di Lucca e provincia.

Di questi 700, sulla base dei dati forniti dall’Ufficio Scolastico provinciale di Lucca:
vi sono 633 maestre/i inseriti in GaE con riserva per la scuola dell’Infanzia e per la Primaria, il 90 % del totale.

 

Il piccolo presidio organizzato lo scorso 4 gennaio a Lucca ha comunque avuto un primo impatto e siamo stati ricevuti per la prima volta dal Provveditore provinciale agli studi Donatella Buonriposi, la quale ci ha rassicurati sul fatto che i contratti in essere non saranno toccati. Anche la manifestazione a Roma che c’è stata l’8 gennaio è stata molto importante, c’era il giusto spirito di unione e anche di rabbia. L’8 gennaio ha significato per me (sia sul piano umano che motivazionale) tantissimo, perché ho ricevuto sostegno, manifestazioni di stima e affetto da tutte le colleghe del mio plesso, per la maggior parte di ruolo, che hanno scioperato con me: il mio plesso l’8 era chiuso! Mi ha commossa e riempita d’orgoglio anche la solidarietà dei genitori che si sono detti pronti ad appoggiarmi e combattere per me e con me.

 

Tra dicembre e gennaio si sono inoltre formati in maniera autonoma e spontanea nei diversi territori gruppi di persone che si sono confrontate sui social o anche di persona, gruppi autorganizzati. Abbiamo però bisogno di essere concreti e di trovare le vie più efficaci per farlo, così come è necessario coinvolgere anche chi ha paura di esporsi. Io faccio appello a tutte le persone che sono iscritte a questi gruppi facebook e WhatsApp affinché partecipino e intervengano anche alle assemblee reali che organizziamo. Noi ad esempio a Lucca ne abbiamo fatta una, ponendo le basi per un’assemblea pubblica che organizzeremo, chiedendo a tutte le amministrazioni (comunali, provinciali e regionali) affinché si impegnino a difendere a tutti i livelli la nostra causa.

 

Samuele: Noi a Viareggio siamo ancora agli albori di questo tentativo aggregativo. Abbiamo fatto un’assemblea con una ventina di maestri precari autorganizzati. La solidarietà è stata tanta, ma c’è bisogno di più attivazione.  Come sottolineava la collega, l’autorganizzazione e la tessitura di legami oggi sono fondamentali, così come la coscienza che nessuno ci può rappresentare se non siamo noi stessi a farlo in prima persona. Dalle istituzioni non dobbiamo andare per pregare o chiedere qualcosa, dobbiamo fare pressione affinché le istituzioni affronti la situazione con un intervento politico generale, affinché ci mettano la faccia. I ricorsi alla magistratura non possono essere l’unica strada a cui possiamo affidarci, e anche la sentenza da cui è scaturita tutta questa vicenda lo dimostra. Ci sono poi i sindacati più conflittuali che sicuramente avranno un ruolo, ma tutto dipende dalla capacità dei territori di autorganizzarsi e di agire con iniziative diverse, sia a livello pratico che simbolico, e soprattutto portando il problema fuori dalle scuole.

 

7)Esiste già o è in via di costituzione un coordinamento nazionale degli insegnanti coinvolti dagli effetti della sentenza? E come si stanno muovendo le diverse sigle sindacali sull’argomento?

 

Alessandra: Noi in realtà ai sindacati abbiamo “rimproverato” il fatto di non aver colto l’importanza di un appuntamento come quello dello sciopero dell’8, l’ho fatto direttamente presente anche a un rappresentante della CGIL di Lucca che mi ha ascoltata e ha cercato di spiegarmi il motivo per il quale non sono scesi in piazza con noi. La Flc-Cgil, per quanto ne so, proverà a portare al ministero questa proposta: una sorta di corso/concorso triennale con diversi step e punteggi legati al percorso scolastico di ciascun docente (presenza o meno di anni di servizio ad esempio) e con una borsa di studio, in modo da traghettare i precari verso le cattedre di ruolo, un po’ sul modello del FIT (Formazione Iniziale e Tirocinio per gli insegnanti). Ci sono però ancora molte incertezze, e non sappiamo come sono andati finora i diversi incontri.

 

Samuele: So invece che i Cobas hanno chiesto la riapertura delle GAE e immissione in ruolo per ogni docente con tre anni di servizio in ogni scuola di ordine e grado. Quanto a Cgil, Cisl e Uil, il loro silenzio sullo sciopero sa molto di boicottaggio, e questo è pericoloso. Verrebbe da pensare che la prossimità stretta tra Cgil e Pd pesi molto in questo caso in termini di mancanza di volontà di mobilitazione e di proposta.

Personalmente comunque sono molto contrario al modello FIT, perché serve a rimettere in discussione ancora una volta quell’esperienza maturata sul campo dai docenti di cui abbiamo parlato finora, oltre a spillare ancora una volta una barcata di soldi ai precari.

 

8)Ritornando più direttamente sul territorio di Lucca. Finora siete stati ricevuti sia dal provveditore agli studi Donatella Buonriposi che dal sindaco Tambellini. Quali sono state le loro risposte alle vostre richieste?

 

Alessandra: Nell’incontro che abbiamo avuto con il Provveditore il 4 gennaio, come ho accennato precedentemente, abbiamo avuto rassicurazioni tecniche, come ad esempio la certezza che non ci sarà alcuna rescissione dei contratti in essere ma che, per il prossimo anno scolastico, dovranno adeguarsi alle disposizioni del Miur. Il Sindaco ci ha ricevuto il 19 gennaio, ci ha ascoltati con attenzione e comprensione, anche in virtù della sua esperienza di professore e questo sicuramente ci ha fatto una buona impressione. Gli abbiamo chiesto sostegno e vicinanza, così come un incontro pubblico a cui vorremmo che presenziasse.

Il 2 febbraio, invece, abbiamo avuto un incontro molto proficuo con il Presidente della Provincia di Lucca, Luca Menesini che si è mostrato colpito e coinvolto, ci ha chiesto in particolare l’impatto  che sul territorio potrebbe avere la nostra esclusione dalle GaE. Anche a lui abbiamo chiesto di presenziare all’incontro che intendiamo organizzare.

 

9)Quali sono le prossime mosse che intendete compiere. Pensate di coinvolgere anche i genitori dei vostri studenti e i cittadini?

 

Samuele: Non è semplice coinvolgere i genitori, è vero, però va detto anche che vedendoli tutti i giorni, lavorando con i loro bambini, viene a crearsi tra noi e loro un rapporto di fiducia che bisogna mettere in campo. Della serie: “Ma non vorresti che il maestro Samuele invece di rimanere un anno qua e poi scomparire seguisse un percorso didattico continuativo con tuo figlio?” è chi è che ti direbbe di no? L’unica soluzione allora è far sì che i precari storici entrino nelle GAE e raggiungano finalmente la stabilità lavorativa. E questo non solo per il motivo “egoistico” ma profondamente umano per cui ciò serve a noi anche per pagare il mutuo, ma perché serve anche a migliorare la scuola e il percorso formativo dei bambini, sviluppare progetti continuativi con loro. Abbiamo fatto diventare senso comune una cosa devastante, per cui è diventato normale il principio per cui un anno un maestro sta da una parte e un altro anno da un’altra. Dobbiamo per forza di cose ricercare una saldatura tra insegnanti, genitori e bambini per evitare che questa situazione peggiori ulteriormente…

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