Lotte, elezioni, potere popolare. Intervista a tre attivist* di Potere al Popolo Lucca

Da metà dicembre anche sul nostro territorio è nata una sezione locale di Potere al Popolo, che ha raccolto la sfida lanciata dall’Ex OPG Je so’ Pazzo, affinché alle prossime lezioni del 4 marzo fosse presente una lista di sinistra radicale capace di farsi portavoce del “popolo degli esclusi” (sulle potenzialità e i rischi di questo progetto si veda qui e qui).

Il gruppo locale, che ha riunito alcune realtà partitiche già esistenti  (Prc e Pci) insieme a una nuova partecipazione giovanile, si è subito affacciato in città con numerosi volantinaggi, comunicati e iniziative pubbliche. Abbiamo chiesto a tre giovani attivist* del gruppo lucchese di rispondere ad alcune domande allo scopo di stimolare una discussione aperta attorno ad alcuni nodi politici sia locali che nazionali che riguardano la fase in cui siamo e le sfide del post-voto.

 

 

1)Che cosa vi ha spinto ad aderire al progetto di Potere al Popolo? è la vostra prima esperienza politica vera e propria, oppure ne avete altre alle spalle?

 

Nicoletta Gini (candidata alla Camera dei Deputati, ndr): Personalmente, al di là della poca fiducia che ho verso la rappresentanza, ho sempre pensato che fosse necessario trovare un canale per essere presenti nei luoghi di decisioni. Il problema, la cui soluzione è forse un po’ utopica nel senso migliore del termine, è quella di costruire veri rapporti vincolanti tra assemblea e suo portavoce nei luoghi in cui si è eletti. Vincolanti non significa contrattuali, significa costruire un modo diverso del far politica in cui la fiducia biunivoca tra volto pubblico e assemblea è un valore imprescindibile di per sé, al cui rispetto non si transige per onestà intellettuale e per responsabilità reciproche. Potere al Popolo per me è il tentativo di mettere in pratica questa soluzione, è una possibilità di metodo, è una scommessa su me stessa e sugli altri. Ho avuto altre esperienze di questo tipo, una su tutte Sinistra per Capannori, in cui abbiamo provato a fare un ragionamento simile. Ci riprovo con fiducia, determinazione e sperando di aver imparato dal passato.

Giuliano Dami: Io sono cresciuto e ho maturato la mia visione politica nelle esperienze antagoniste che hanno attraversato Lucca dalla seconda metà degli anni Zero. Dal collettivo Direzione Contraria, embrione di quello che poi è diventato Torpedo, passando dall’autogestione delle Madonne Bianche al Borda Fest. Da qui ho maturato la convinzione che la vera politica, quella che cambia la vita di tutti i giorni, si fa dal basso, nelle piazze e nelle strade. Ho maturato la convinzione che alla base di tutto ci sono unione e comunità: le vere fondamenta per creare una realtà libertaria che si opponga all’individualismo capitalista. Purtroppo ho anche toccato con mano l’isolamento nella quale sono state segregate tali esperienze vuoi per la repressione costante alla quale siamo stati sottoposti, vuoi per l’autolesionismo in cui quale si può cadere quando l’orizzonte d’azione si restringe.

Dall’altra parte si sente anche l’arroganza di chi approfitta del vuoto enorme lasciato da quella che una volta era chiamata Sinistra: i fascismi rialzano la testa mentre il neo-liberismo aumenta le disuguaglianze sociali. Quattro mesi fa questa campagna elettorale si prospettava come la più a destra dai tempi di Weimar, e tutta la galassia militante si sarebbe giusto preparata a reggere il colpo sempre più sola e frammentata. Nel progetto di Potere al Popolo ho visto la possibilità di ribaltare tutto questo: organizzare e riunire le forze ribelli (che sono molte) e riaprire la partita portando la vera politica dalle strade alle istituzioni ma col solo scopo di rompere il tavolo quando c’è bisogno.

Sara Bernardi: Mi ha spinto ad aderire al movimento il modo in cui Potere al Popolo è nato, perché è nato da lotte sociali dal basso ed ha avuto subito un  inizio molto partecipativo e inclusivo.  Potere al Popolo vuol dire dare voce agli esclusi, alle persone che di solito non vengono prese in considerazione e questo mi ha sorpreso perché per me la politica vuol dire questo: interessarsi a ogni persona per il bene comune. Io non ho mai fatto politica ma mi sono occupata di volontariato, ho fatto gli scout dove mi hanno dato una formazione per  essere al servizio per gli altri, ho partecipato alle lotte per salvare le Alpi Apuane dalle cave e mi sono sempre interessata ai problemi sociali. Penso che Potere al Popolo sia lo specchio di quella politica che ho sempre sognato e che si basa su 4 principi: solidarietà, giustizia, partecipazione, rispetto dei diritti di tutti.

 

 

2)Questa è ad ogni modo per la grande maggioranza di voi la prima campagna elettorale che fate. Che tipo di riscontro avete avuto finora sul territorio? E quali sono i soggetti che puntate maggiormente a coinvolgere?

 

Nicoletta: Il riscontro sul territorio è stato vario, da chi ci apprezza finché non andiamo a toccare punti dolenti (tipo l’intervento su Marcucci o il rifiuto del confronto a Noitv alla presenza di Casa Pound) a chi ci sostiene fermamente, a chi ci dice che siamo inutili, a chi ci detesta. Una cosa però è abbastanza trasversale tra chi ci segue, a prescindere dalla scelta di voto che farà e dalle critiche: tutti si rendono conto della gratuità del nostro impegno, e ne sono colpiti. Questo ci dice quanto le persone siano consapevoli della durezza e scorrettezza dell’arena politica di oggi.

I soggetti che miriamo a coinvolgere sono tutti quelli che si muovono sui territori e che rivendicano diritti disattesi: mi sembra che per Lucca sia un periodo particolarmente bello e stimolante. Al di là di Potere al Popolo che sicuramente resisterà dopo le elezioni, nello stesso momento sono partite le assemblee per il calcio popolare che ha portato alla formazione della Trebesto (la nuova squadra di calcio popolare in via di formazione, ndr) e quella di Non Una di Meno, che si sta preparando per l’8 marzo e per l’anniversario di maggio della legge 194. Ci sono anche parecchie vertenze sul lavoro (penso a Villa Santa Maria e al progetto per gli stabili di Campo di Marte, ma anche altre aziende) su cui sarebbe il caso di fare un ragionamento collettivo.

Giuliano: La campagna elettorale è il battesimo di fuoco dalla quale sta nascendo questo nuovo soggetto. Non avrei mai pensato di mettermi a fare una cosa del genere data la mia visione sulla democrazia delegata nella quale viviamo… In ogni caso si tratta di un grande momento di crescita politica e personale: ci siamo trovati ad elaborare proposte fortemente anticapitaliste ed applicarle su diverse tematiche in maniera approfondita cercando sempre di imparare a parlare alle persone. Sanità, lavoro, sfruttamento del territorio, socialità… la cosa bella è stata accorgersi di quello che già sapevamo: ovvero che siamo sempre stati nel giusto e che tra le persone c’è una gran voglia di socialismo (e non di social-democrazia condita di austerity!). Per ora non c’è stato mai un momento nella quale la via elettorale che abbiamo intrapreso ci ha impedito di essere noi stessi.

Ovviamente il nostro territorio ha una forte tradizione democristiana a tratti fascista quindi non ci siamo mai aspettati di smuovere le masse però finora sono stati molti gli esempi di apprezzamento da parte di persone che non mi sarei aspettato. Il nostro scopo però non è quello di piacere a tutti o di coinvolgere tutti per forza, ma quello di costruire una rete tra chi fa politica dal basso e la collettività. L’obiettivo è creare potere popolare.

Sara: In queste campagna elettorale non è facile scegliere per nessuno perché molti sono sfiduciati dalla politica, e c’è quindi un menefreghismo nei confronti della politica. In questo momento di crisi siamo in un punto di svolta, perché o la gente continua a lamentarsi o può scegliere chi veramente potrebbe rappresentarl meglio. Molti giovani hanno più speranza, stanno reagendo positivamente al movimento di Potere al Popolo  perché riescono a riconoscere il suo potenziale. I soggetti che cerchiamo di coinvolgere sono gli ultimi, quelli che non si sentono rappresentati, ma cerchiamo anche di avere collaborazioni con associazioni che difendono i diritti.

 

 

3)Il dibattito politico lucchese risulta ora come ora appiattito su un’agenda totalmente di destra. Insicurezza, degrado, furti, “emergenza” immigrazione sembrano costituire l’unico vocabolario con cui viene narrata la condizione di Lucca e dei lucchesi, in un clima di paura che produce l’ossessiva richiesta di più telecamere, più controlli e più polizia. L’affermazione elettorale di Casa Pound alle ultime elezioni comunali ha inoltre rinnovato il sodalizio dell’estrema destra con la nostra città, ora non più limitato alla violenza squadrista ma anche capace di raccogliere un consenso sociale più ampio.

Come pensate di rompere il pensiero unico che soggiace a un contesto del genere? Che cosa può significare , secondo voi, dire “Potere al Popolo!” a Lucca?

 

Nicoletta: L’impostazione mediatica della campagna elettorale ci è pesata molto. Da subito è stato evidente come fosse necessario provare a rompere lo schema imposto e funzionale non solo alle destre, ma anche a PD e Liberi e Uguali. Ci abbiamo forse messo un po’ ad ingranare, tra giornali che non ci pubblicano e confronti annullati o insostenibili per noi data la presenza dei fascisti. Tuttavia, è sempre più evidente che non possono essere quelli per noi i canali privilegiati. Il nostro posto è il territorio, parlare il più possibile con le persone, perché è in quel momento che hai tempo e modo di smontare ogni argomentazione che convince a guardare a destra. Potere al Popolo per me è ricominciare a trattare i cittadini come persone, non come minori a cui spiegare come e cosa devono pensare, o a cui dire quello che vogliono sentirsi dire. E’ offrire uno strumento di conflitto – anche interiore, nel senso che offre contenuti che mettano ognuno in crisi con se stesso e con le sue convinzioni – per crescere come comunità. Potere al Popolo è recuperare il dubbio come elemento dell’intelligenza collettiva per trovare nuovi e più efficaci metodi per la democrazia.

Giuliano: “Potere al Popolo” a Lucca vuol dire veramente fare e dire tutto al contrario rispetto a quello che ci viene narrato da chi crea insicurezza e blinda le città. Coinvolgere la gente il più possibile nell’affrontare in maniera collettiva le sfide che quasi tutti affrontano nel nostro quotidiano. Questo vuol dire creare assemblee pubbliche, tessere i rapporti con comitati territoriali, sostenere chi manda avanti cultura e socialità fuori dalle logiche di mercato e imparare dalle esperienze di autogestione che sono molte nel nord della Toscana. A livello mediatico c’è poco da fare se non provare a portare la discussione dove vogliamo noi, grazie magari a gesti eclatanti o comunicati forti. L’importante è irrompere con una visione diversa da quella cupa in cui sguazzano i fascisti. Spesso è molto facile: basta restare umani e dimostrare che una comunità antirazzista e libera da telecamere è molto più felice, giusta e appagante di quella in cui viviamo al momento.

Sara: Potere al Popolo non aspetta che i giornali o la tv ci notino, l’importante è farci vedere nel territorio attraverso le azioni, i dibattici, le assemblee per difendere i diritti e per sostenere le battaglie sociali.  Gli altri partiti a Lucca fanno finta di occuparsi dei cittadini ma tendono a fare i loro interessi e si occupano delle cose minori, senza organizzare un piano per il lavoro o per un’accoglienza a lungo termine. Potere al Popolo vuole avere un piano per ogni categoria, fascia di età, per ogni causa, vuole prendersi cura delle persone.  Potere al Popolo vuole fare differenza  per il modo e per i contenuti e non essere indifferente come la maggior parte dei politici.

Occorre  decostruire il tema dell’ immigrazione e della sicurezza, spiegando da dove deriva questa immigrazione, da dove vengono le armi che fanno scappare le persone, se c’è veramente un emergenza o se c’è un controllo politico di questo fenomeno. Spesso ci scordiamo che in fondo siamo tutti diversi, ed è bello valorizzare le diversità; se questo viene tirato fuori, cambia il modo in cui guardiamo un immigrato, un disabile, un omosessuale. Occorre valorizzare la solidarietà per far capire importanza dell’unione, non della divisione. Non sembra, ma chi ci guadagna da questa propaganda fascista sono pochi che fanno i loro interessi. Ogni persona dovrebbe esaminare la paura per capire se è legittima o se è manipolata e indotta. Per essere persone leali non bisogna puntare alla pancia delle persone.

 

4)Malgrado un contesto sulla carta sicuramente ostico, in questi anni alcune importanti lotte sociali all’insegna dei principi di autorganizzazione, uguaglianza e giustizia sociale ci sono comunque state a Lucca. Pensiamo ad esempio agli ampi cortei studenteschi di alcuni anni fa, alle battaglie per gli spazi sociali, fino ad arrivare a dei momenti di conflittualità di piazza sicuramente insoliti per la nostra città, come la contestazione al G7 o gli scontri in occasione della visita di Renzi di un anno prima. Tuttavia questi movimenti adesso scontano una fase di difficoltà e di reflusso (non diversamente da quello che avviene in molti altri contesti sia metropolitani che provinciali, a dire il vero).

Come Potere al Popolo, come guardate a queste esperienze di lotta? Quali sono stati secondo voi i punti di forza e quali i limiti?

 

Nicoletta: E’ sicuramente necessario recuperare tutte queste esperienze e dare loro nuova voce e respiro, perché sono momenti belli e importanti della resistenza lucchese al neoliberismo e alle politiche del PD degli ultimi anni. Penso però che sia necessario fare anche un ragionamento rispetto alla necessità di rompere la narrazione che i media fanno di queste lotte. Ad esempio per quanto riguarda gli scontri (attenzione, il ragionamento che mi interessa è di strategia per essere maggiormente efficaci e comprensibili, non di legalità o di opportunità politica), sappiamo che la narrazione sarà sicuramente a nostro sfavore. Mi chiedo quindi se non sia opportuno avviare un processo collettivo di reinvenzione di alcune strategie di lotta e di comunicazione delle nostre istanze. In secondo luogo, penso che sia necessario costruire una piattaforma in cui tutte le esperienze, ognuna con la sua specificità, possano entrare in dialogo e riorganizzarsi in modo da coprire organicamente le esigenze del territorio. Una due giorni delle lotte a Lucca? Pensiamoci.

Giuliano: Quando parliamo della nascita di Potere al Popolo penso che non ci sia niente di più sbagliato di datare l’inizio nel Novembre del 2017. In realtà Potere al Popolo nasce nei percorsi di lotta come quelli che avete elencato, soprattutto per quanto riguarda Lucca. Tali esperienze sono nel nostro DNA. Le potenzialità di quelle lotte sono state, innanzi tutto, la chiarezza di analisi riguardo a ciò che stava succedendo nel mondo, ma anche nel coraggio e nella tenacia dimostrate, aspetti evidenziati dall’essere movimenti principalmente di resistenza e conflitto.

I limiti sono quelli strutturali in questo genere di percorso: la mancanza di organizzazione a lungo termine con l’obiettivo di proporre alternative reali a quelle imposte dai nostri nemici; un lavoro lento che deve essere accompagnato da una capacità comunicativa in grado di cambiare, almeno a livello territoriale, l’immaginario collettivo.

Sara: Sicuramente diamo sostegno a questi movimenti perché hanno avuto il coraggio di manifestare contro il liberalismo avanzante e di lottare  per un ideale di uguaglianza. Le potenzialità sono nell’unione e nella forza con cui sono partiti, ma nel tempo hanno avuto delle difficoltà e si sono un po’ spenti. Ci vorrebbe più unione tra movimenti, associazioni, cittadini per difendere queste lotte, servirebbe un organizzazione maggiore perché molto spesso la manifestazione diventa un evento sporadico e non ha un continuo. La vera lotta si fa nella vita quotidiana e con la costanza.

 

5)Come dicevamo all’inizio, il vostro è un progetto sicuramente giovane che ha saputo suscitare energie nuove. Ma non c’è il rischio che il 4 marzo finisca tutto? Quanto conta per voi il risultato elettorale come motivazione a continuare il percorso di Potere al Popolo?

 

Nicoletta: La scommessa vera è infatti dopo il 4 marzo. Ci sono nuove energie, è vero, e anche proposte di iniziative dopo le elezioni (che anzi aspettiamo con entusiasmo per poter essere liberi dagli impegni elettorali). Sicuramente essere nati come gruppo con la campagna elettorale è un’arma a doppio taglio per vari motivi: in primo luogo perché Potere al Popolo ha messo insieme compagni provenienti da esperienze diverse e relativi metodi diversi (c’è chi non ha mai fatto politica, chi viene da esperienze di politica istituzionale, chi viene dall’associazionismo, chi dai movimenti); in secondo luogo perché nascere come gruppo in campagna elettorale significa, almeno inizialmente, essere etichettati come opportunisti politici; in terzo luogo perché il territorio forse conosce i singoli ma non conosce il gruppo, e così abbiamo meno presa. Tutto questo però a mio avviso, se rappresenta una debolezza in campagna elettorale, rappresenta una forza per il futuro: per un gruppo confrontarsi con le magagne di una campagna elettorale significa rafforzarsi dall’interno; apparire come opportunisti adesso ci darà ancora più credito quando la cittadinanza vedrà che continuiamo, indipendentemente da come andranno le elezioni, in linea con quella gratuità a cui mi riferivo prima; in ultimo, la campagna elettorale, nolenti o volenti, dà una visibilità che sarebbe stata tanto più difficile da ottenere in altri momenti. Del risultato elettorale ce ne importa relativamente: certo, il ritorno della sinistra radicale in Parlamento sarebbe quanto mai necessario, ma il nostro posto è il territorio, anche per quel discorso di fiducia reciproca che facevo prima.

Giuliano: Dopo il 4 marzo semmai inizia tutto: a livello nazionale vedremo quali soggetti si sono inseriti soltanto con la speranza di un cartello elettorale e sono convinto che ciò che resterà sarà ugualmente un ottimo punto di partenza. Ma è nei territori la vera sfida: le assemblee che si sono create, Lucca in primis(!), non hanno alcuna intenzione di sciogliersi (anche nel pessimo scenario che PalP si sfaldi a livello nazionale) dovranno però evolversi e unire l’organizzazione e le conoscenze acquisite a metodi assembleari e decisionali realmente orizzontali e efficaci. Perchè i fallimenti più comuni nell’antagonismo degli ultimi dieci anni risiedono proprio nelle dinamiche interne assembleari. Questo è un punto fondamentale nella creazione del potere popolare.

Sara: A me sinceramente non me ne frega molto delle elezioni, si avrebbe un maggior riconoscimento con un bel risultato nelle urne, ma non sempre ce n’è bisogno. Mi importa di più di avere degli impegni su cui lavorare per ascoltare la gente e difendere i diritti per Lucca. Credo non finirà tutto il 4 Marzo: se arriveremo al 3% avremo una vittoria in più a livello nazionale, ma per Lucca sarà la nostra costanza che farà la differenza. È una scommessa, che vale la pena di giocare, per un programma che va reso vivo e per la gente che aspetta qualche speranza in  più.

 

 

6)Nel manifesto nazionale del movimento si legge che “Potere al Popolo significa costruire democrazia reale attraverso le pratiche quotidiane, le esperienze di autogoverno, la socializzazione dei saperi, la partecipazione popolare.” Come vorreste fare nel concreto? Detta in altri termini: come vorreste impostare il vostro lavoro politico sul territorio in periodo non elettorale?

 

Nicoletta: Abbiamo diverse proposte che sono venute fuori durante questo periodo di rodaggio, che per mancanza di tempo non abbiamo ancora impostato. Sicuramente sarà necessario fare una mappatura del territorio, per vedere quali vertenze sono scoperte e quali temi non sono posti al dibattito pubblico. Lo scopo è in ogni caso ricostruire tessuto sociale e culturale, e una solidarietà che Casa Pound ha contribuito a sovrapporre all’assistenzialismo e alla carità nel senso comune. La questione sarà di prospettiva: se organizzeremo qualche sussidio per le fasce più deboli – prendo la distribuzione del pane perché è l’esempio più eclatante di Casa Pound – non sarà per loro, ma con loro. Altre possibilità venute fuori in questi giorni sono l’organizzazione di un cineforum, di un teatro popolare, di uno studio serio delle necessità relative all’istituzione della residenza fittizia per i senza fissa dimora e, cosa a cui penso da qualche giorno, la questione dei determinanti sociali (quali ad esempio marginalizzazione e disoccupazione) nella salute mentale.

Giuliano: Il nostro proposito dopo le elezioni è quello di osservare quali sono le vertenze principali sul nostro territorio da cui possiamo imparare come affinare le nostre proposte concrete per vivere il presente in maniera orrizzontale e partecipata. Sarebbe a dire trovare nuove forme di lotta quando si tratta di resistere, e aumentare le sinergie con le realtà già presenti soprattutto quando si tratta di costruire. Mutualismo e spazi sociali sono i percorsi paralleli che ci troveremo ad affrontare con più calma dopo le elezioni. Il bello di essere un collettivo proveniente da diverse esperienze è quello che le proposte pratiche non mancano mai.

Sara: Un primo lavoro importante sarà ascoltare le esigenze delle persone nei diversi settori (scuola, lavoro, servizi) e sondare le imprese a rischio, sempre ci dovrà essere un apertura verso inserimento di nuove persone e anche assemblee per ripristinare la politica partecipativa e magari riuscire  a fare un processo di empowerement verso le fasce più deboli. Spesso bisognerà mettere in discussione il nostro lavoro e reinventare mezzi per aiutare gli altri e attuare processi di sostegno a lungo termine. Già se le persone si sentono ascoltate e comprese saranno più disposte a collaborare e sentirsi partecipi di un processo democratico.

 

 

7)Vorremmo adesso farvi alcune domande più teoriche ma che hanno un’importanza pratica notevole, in quanto hanno a che fare con l’orizzonte strategico di una forza politica, per poi terminare con un riferimento alla situazione nazionale.

L’obiettivo di un’operazione come Potere al Popolo è quello di far rientrare al centro della scena, con un ruolo da protagonista, il “popolo degli esclusi”. Come mossa tattica, nella fase di bassa mobilitazione sociale che ha contraddistinto tutto il 2017, si è scelto di sfruttare il terreno elettorale come occasione di visibilità. Ma questa non è un’operazione rischiosa? In assenza di lotte capaci di incidere sui rapporti di forza, non si rischia di alimentare per l’ennesima volta l’illusione che semplicemente entrando in parlamento si possa contare qualcosa?

 

Nicoletta: È un po’ il discorso che facevo prima riguardo al nascere in campagna elettorale come arma a doppio taglio, soprattutto per un gruppo che non esisteva prima come assemblea ma che si confronta collettivamente con il territorio per la prima volta in questa occasione. Penso che in questo senso stiamo facendo una scommessa gigantesca: scommettiamo non solo sul rimanere qua dopo il 4 marzo, ma anche sul fatto che riusciremo a stare insieme al di là degli impegni elettorali facendo e costruendo qualcosa insieme. La sinistra si divide su questioni spesso marginali e che incidono poco poi sull’azione politica vera e propria. Dovremo essere bravi a comprendere quando ci sarà questo pericolo e preferire la sfida di ricostruire per Lucca una cultura di sinistra prima ancora che una lista elettorale. La fortuna che abbiamo avuto, riconoscerci tutti in un programma trasmessoci da altri – e questa è davvero una rarità di cui chi ha seguito un po’ la tragedia della frantumazione a sinistra si rende conto – è una ricchezza che dovremo difendere quando non ci sarà più l’arena elettorale, in cui fare gruppo è forse più facile che nella routine quotidiana. Per noi conta il territorio e quello che riusciamo a fare qui, è il senso stesso di Potere al Popolo. Rappresentare le vertenze sul territorio viene dopo che sono state messe in essere, nel conflitto, con un ragionamento collettivo.

Giuliano: Sarebbe un’esperienza rischiosa se ci fosse qualcosa da perdere davvero. Lo scenario presente è così deprimente che finora è stato sicuramente tutto di guadagnato. Quello che sta succedendo incide veramente sui rapporti di forza perchè ha portato organizzazione e unità dove non c’erano. “Far fronte comune contro la barbarie neo-liberista” è una delle fondamenta di Potere al Popolo in una lotta senza quartiere che fin da subito è stata collocata sui territori per naturalezza: nelle istituzioni siamo e saremo sempre degli intrusi poco graditi. Però a livello tattico è proprio quello che serviva in questo momento. Nessuna illusione, la politica si forma dal basso creando comunità e la scena nazionale serve solo per coordinarsi e avere risonanza massima. Io vedo delle potenzialità enormi in tutto ciò.

Sara:  Dare voce agli esclusi per me non è pericoloso ma giusto, immaginatevi di essere una persona povera o in difficoltà: vorresti solo essere ascoltata e aiutata. Non è importante entrare in parlamento per farsi valere, perché tutti abbiamo uno scopo diverso nella vita. Oramai ci siamo assuefatti alle notizie e abbiamo perso la capacità di avere empatia e di rispecchiarci negli altri. Potere al Popolo vuol dire risvegliare un’umanità addormentata per creare una società più umana e solidale, in questo non ci vedo nulla di male.

 

 

8)I tassi di astensione sono sempre più alti, specie tra le classi sociali a cui facciamo riferimento, e inoltre ci sembra che le istituzioni rappresentative in Occidente stiano subendo una trasformazione strutturale in senso autoritario e repressivo (esemplare in questo senso l’operato di Minniti) che le rende impermeabili alle istanze che vorremmo promuovere. Non occorrerebbe allora, proprio adesso, cercare di approfondire in senso conflittuale la distanza tra le istituzioni e le classe subalterne in senso rivoluzionario, trasformando l’esclusione in rifiuto attivo, il senso di rassegnazione e impotenza in rabbia e conflitto, invece che tentare di ridurre questa distanza con una sponda in parlamento?

 

Nicoletta: Vi parlo proprio da delusa della sinistra, perché è quella l’esperienza da cui provengo, e perché vedevo a sinistra la possibilità di quel rapporto di fiducia politica di cui parlavo prima. La mancanza di un’egemonia culturale riconoscibile in un senso comune tipicamente associabile alla sinistra (penso ad esempio alla solidarietà: il classico esempio dell’anziano razzista in generale ma affezionato all’ambulante che va a trovarlo tutti i giorni) ha comportato la totale e legittima sfiducia in una politica che è appunto impermeabile alle istanze dei più deboli. Secondo me è anche una questione di metodo politico (lucido) dei partiti nel trattare i cittadini: trattarli da elettori, per cui col voto si dà il mandato per sistemare le cose, è estremamente antidemocratico. Democrazia significa protagonismo del popolo, ma per renderlo protagonista è necessario un discorso che renda possibile prendere coscienza collettivamente della necessità di farci protagonisti. Così il rapporto conflittuale con le istituzioni si carica di senso, il senso democratico per cui non solo non dobbiamo essere esclusi dal processo decisionale, ma ne siamo la sostanza stessa. È una questione culturale, nel senso più bello e politico del termine, di cui Potere al Popolo tenta di farsi carico.

Giuliano: Come ho già detto, una sponda in parlamento con i presupposti che ci sono stati finora non rischia di normalizzare le lotte, ma è solo un modo per portare il conflitto nei palazzi del potere. Avere compagni in parlamento fa molto più comodo che non averli, e il discorso che fai avrebbe senso se il tasso di astensione fosse dovuto a una presa di coscienza collettiva. La realtà ci dice di no. Il vuoto politico lasciato a sinistra nel nazionale probabilmente ha fatto calare l’affluenza alle urne, ma la verità è che le persone stanno smettendo di collettivizzare le proprie aspirazioni e i propri problemi spesso perchè martellati dall’austerità del presente, che impone un pensiero individualista.

Ci si sente sempre più soli in questo presente, e non vedo terreno fertile per un percorso rivoluzionario che raccolga consensi spontanei in una situazione del genere. Bisogna inventare nuove forme di lotta e creare zone di potere popolare attaccandolo contemporaneamente su più fronti. Proprio per questo può essere utile entrare anche nelle istituzioni.

Sara: Purtroppo le istituzioni, i politici negli ultimi anni ci hanno allontanati dal sentirci partecipi delle scelte, si è creata una distanza tra il governo e i cittadini perché gli interessi dei politici sono stati sempre più indirizzati verso le banche, la borsa, con sempre più tagli. Il cittadino si è sentito escluso e arrabbiato. Spesso per non rimanere troppo frustrato ha imparato a fregarsene della politica. Potere al popolo vuole valorizzare una politica diversa che si preoccupa della gente,  vuole accogliere le persone non facendole sentire come vittime ma come collaboratori di un futuro che dipende da tutti.  Dare potere alle persone è un’operazione che fa sentire le persone più responsabili e meno arrabbiate e questo può migliorare il benessere delle persone, farle sentire più importanti.

 

9)Dicevamo che Potere al Popolo è il primo tentativo di rifondare un partito di sinistra radicale in Italia. Nel senso comune tuttavia la parola “sinistra” oggi fa pensare politicamente al Pd, o a Liberi e Uguali, a chi ha prodotto impoverimento, distruzione del welfare, precarizzazione del lavoro ecc. Non diversamente da quanto hanno fatto le altre socialdemocrazie europee negli ultimi decenni, del resto. A ciò si aggiunge che gli stereotipi sui radical chic come figura tipica della sinistra, hanno comunque un fondamento materialistico: l’elettorato dei partiti di sinistra si è anch’esso trasformato negli ultimi decenni, composto sempre meno da operai (passati in gran parte alla destra) e sempre più da studenti, ceti medi, intellettuali.

Volendo operare una brutale semplificazione potremmo chiederci quindi: ma se vogliamo riprenderci il popolo, non dovremmo buttare via il riferimento alla sinistra, invece che provare a riscattarlo dai suoi innumerevoli tradimenti?

 

Nicoletta: Di principio penso che lo scopo del linguaggio è essere comunicativo, e quando parliamo dobbiamo essere certi che il messaggio che passa è quanto più possibile vicino a quello a cui stiamo pensando nel trasmetterlo. Ad esempio, se parlo con una ragazzina di 14 anni per farla avvicinare a Non Una di Meno forse non è il caso che le parli di collettivo femminista, perché le probabilità che nel sentire i termini “collettivo” e “femminista” pensi a quello che penso io, vista la narrazione mediatica, sono molto scarse. Perciò sono d’accordo nel fare i conti con il senso comune stabilito dal linguaggio rispetto a certi termini per una questione squisitamente comunicativa. Penso anche però, che uno dei nostri scopi dovrebbe essere quello di ricaricare di senso alcuni termini: questo si fa, e torniamo di nuovo lì, producendone il senso stesso con la materialità del lavoro sui territori. Penso che prima di dirci di sinistra dobbiamo esserlo. Quando i fatti avranno reso riconoscibile la nostra identità, i termini avranno di nuovo un significato che ci somiglia.

Giuliano: Su questo punto penso che stiamo facendo un buon lavoro a livello comunicativo. Le volte che ci definiamo “Sinistra” lo facciamo con una chiarezza di contenuti e di forma che ci pongono distanti anni luce da qualunque cosa sia stata la sinistra alla quale siamo abituati. Nessuno qui vuole riesumare dei cadaveri della vecchia sinistra, ciò che rappresentiamo non ha niente da riesumare ma è vivo e vegeto, ed era in piazza a Macerata il mese scorso, a Lucca durante il G7, nei boschi intorno al cantiere della TAV… Esperienze che non hanno mai tradito nessuno e che hanno bisogno di organizzarsi e mostrare il loro lato propositivo, perchè le classi subalterne che compongono l’elettorato di destra sarebbero tutte con noi se riuscissimo a lavorare con loro e immaginare con loro.

 

 

10)Sempre nel vostro manifesto si dice che la sfida di Potere al Popolo è quella di costruire un “fronte contro la barbarie”, e che tuttavia lo spirito con cui avete affrontato la campagna elettorale è all’insegnadi “gioia, umanità ed entusiasmo”. Non si rischia in qualche modo di scivolare sulla superficie di un tessuto sociale ormai lacerato e teso dopo dieci anni di crisi, senza riuscire a inserirsi nelle contraddizioni materiali? Ci sembra che una certa forza della destra stia nell’efficacia con cui riesce a indicare dei nemici (mistificati, certamente) ritenuti responsabili del senso di declassamento e dell’impoverimento generalizzato. Forse invece che deprecare l’odio come sentimento in sé dovremmo interrogare la nostra incapacità di indirizzare questo sentimento verso altri nemici posti al vertice della società, evitando che diventi il motore della guerra tra poveri…

 

Nicoletta: Uno degli scopi di Potere al Popolo è proprio quello di reimpostare il bersaglio giusto di questo odio, individuando il vero nemico. La barbarie di cui si parla nel manifesto deve allora essere declinata sia da un punto di vista culturale (l’istillazione continua di un senso di paura e di precarietà esistenziale che porta necessariamente all’individualismo) che da un punto di vista sociale (l’odio fra fasce deboli che deriva da una narrazione tossica). È necessario ricompattare i sentimenti di conflitto in un fronte comune e trasversale delle fasce più deboli contro il neoliberismo al potere, riconoscendolo come causa comune delle condizioni particolari di ciascuno. Il punto chiave è, secondo me, trovare il modo per praticare il riconoscimento della trasversalità della precarietà – occupazionale tanto quanto esistenziale – indipendentemente dalle forme materiali che assume. Per dirla in modo forse un po’sbrigativo: rendere disponibile la visione del quadro d’insieme, prendere coscienza collettivamente di questa condizione comune, e praticare il conflitto verso chi la impone realmente, in qualsiasi manifestazione materiale essa si realizzi.

Giuliano: Penso che chi vive una realtà disagiata ha bisogno prima di tutto di “positività”, perchè di rabbia credo ne abbia già abbastanza. I nemici indicati dalla destra sono minoranze contro la scagliare l’individuo disagiato, maschio e bianco: un meccanismo che ha alla base della sua efficacia il sentimento di appagamento che può avere una persona nel sentirsi parte di qualcosa: il diverso serve a far sentire l’italiano parte di un gruppo omogeneo. Per uscire dalla guerra tra poveri bisogna disinnescare questo meccanismo creando comunità e senso di appartenenza in maniera orizzontale, con legami molto più veri e forti dello stupido nazionalismo (piaga dell’umanità). Creare comunità non basta perchè il nemico che sta in alto resta… Per questo bisogna saper incanalare l’odio e indirizzarlo altrove e, di pari passo, mostrare un modo diverso di vivere e fare politica.

 

 

11)Torniamo più direttamente dentro il contesto delle ultime settimane. C’è una parte dei movimenti antagonisti e anticapitalisti che guarda con qualche diffidenza a Potere al Popolo in quanto teme che possano esserci dissociazioni in seguito a episodi di conflittualità di piazza che vedano la nostra parte all’attacco invece che vittime della violenza fascista o delle forze dell’ordine, perché magari queste azioni possono risultare sgradite o non piacere esteticamente a una certa opinione pubblica (di recente è successo un incidente di questo tipo dopo la giornata antifascista di Piacenza del 10 febbraio scorso, incidente poi rientrato). Come rispondete a queste preoccupazioni?

 

Nicoletta: Chiedo scusa, ma devo ripetermi: la questione dell’opinione pubblica non si può ridurre al piacere o non piacere rispetto a certi eventi. Non si tratta nemmeno di opinione pubblica per noi, e immagino che questa domanda sia legata al contesto elettorale in cui nasce Potere al Popolo. Ma appunto, sebbene il momento di nascita alla lotta dell’assemblea di Lucca – di nuovo, come collettività, ma non come singolarità che ne fanno parte – sia questo, per noi la questione principale è renderci riconoscibili in un senso ben preciso di ciò che è politica, di cui l’antifascismo è parte integrante, e che non è quello elettorale imposto al linguaggio comune dall’azione degli altri partiti. Se la nostra preoccupazione fosse stata quella di conquistare voti ci saremmo prestati al gioco del confronto tra candidati a Noitv: invece ce ne siamo andati, praticando fino in fondo la scelta antifascista. Da un punto di vista elettorale non è stato sicuramente strategico, anzi è stato probabilmente controproducente. Ma appunto, noi vogliamo trattare i cittadini da cittadini e non da elettori: prima di decidere dove vogliamo andare (Parlamento compreso) dobbiamo decidere cosa vogliamo essere, e la nostra identità è pienamente antifascista. Se prenderemo voti, saranno di coloro che si riconoscono in questa identità, quelli che non ce li daranno saranno coloro che o rifiutano questa identità o non l’hanno capita. Ma questo non significa che cambieremo noi per recuperarli, significa solo che dobbiamo trovare un modo per trasmettere meglio e più pienamente i nostri contenuti.

Giuliano: La risposta a questa domanda sta nella composizione di Potere al Popolo: dentro ci sono le stesse persone che nelle piazze hanno mostrato determinazione senza mai scadere in vittimismi. Se qualcuno deve iniziare a dissociarsi da certe pratiche solo per raccogliere due voti in più allora saremmo messi male! Detto questo penso che ci sia anche bisogno di autocritica da parte di tutta la realtà antagonista e valutare, caso per caso, quando certe azioni sono veramente necessarie, comunque questo rimane un discorso interno. Verso l’esterno non ci porremo mai diversi da ciò che siamo. Ormai spero sia chiaro a questo punto dell’intervista!

 

 

12)La tentata strage di Macerata compiuta dal fascista ed ex candidato della Lega Nord Luca Traini è stata accolta da reazioni giustificatorie a destra, e da tragicomiche finte e doppipassi delle forze “moderate”, dalle dichiarazioni poi mai messe in pratica di Minniti circa il divieto di ogni manifestazione  – immaginate se dopo la strage del Bataclan qualcuno avesse detto che né all’Isis né ai solidali con le vittime sarebbe stato permesso di manifestare – e dai tentennamenti imbarazzanti (per non dire vergognosi) delle segreterie nazionali di ANPI e CGIL. La manifestazione nazionale di Macerata del 10 febbraio promossa dai centri sociali e dai movimenti contro il fascismo e il razzismo, insieme a quelleche ci sono state nelle altre città in queste settimane, hanno comunque costituito un primo importante ritorno in scena di un movimento antifascista.

Può essere questo un momento di svolta per spezzare il vento di destra? Come dare continuità a questo movimento, e come suscitarlo dove questo non si è ancora manifestato (nella nostra città ad esempio)?

 

Nicoletta: Se c’è una cosa che in questa campagna elettorale ha funzionato da detonatore dell’agenda imposta al dibattito pubblico dalle destre, è stato l’orgoglio antifascista che si è opposto in tutti i modi alla narrazione tra estremismi fatta dai media di fronte ai fatti di cronaca. È necessario secondo me insistere appunto sulla trasversalità dell’antifascismo che dovrebbe essere fondamento di ogni soggetto che si dichiara democratico. La chiave potrebbe essere allora non tanto sfidare i fascisti, ma sfidare i cosiddetti democratici sul terreno dell’antifascismo e svelare continuamente e potentemente le loro contraddizioni. Perché allora, per cominciare, non chiedere collettivamente che i comuni del nostro territorio non prendano provvedimenti permanenti per vietare la cessione di spazi pubblici a Forza Nuova e Casa Pound come è stato fatto in altri comuni italiani?

Giuliano: Sicuramente i fatti di Macerata, con tutto il vergognoso “dibattito pubblico” a seguire, hanno mostrato la situazione per quello che è: grave. Quando Minniti ha cercato di vietare la manifestazione di solidarietà antifascista, molti di noi hanno sentito proprio la necessità di fare qualcosa. Il volto orrendo della follia fascista è un’immagine che rimbalza dalle azioni di Traini ai discorsi dei suoi sostenitori, la sensazione è che sia questo il momento di scegliere da che parte della Storia stare. Far capire alle persone che l’antifascismo, quello vero, è la risposta più umana che può dare una civiltà di fronte a tali nefandezze. Se c’è un caso in cui l’odio è necessario è questo. Da una parte l’antifascismo si fa nelle strade: mostrando come il nostro modo di essere è naturalmente opposto al loro (sotto qualunque aspetto umano, culturale, civile, solidale…) e quanto sia meglio; però ci vuole anche un po’ di rabbia per avere il coraggio di affrontare i diversi fascismi che ci troviamo di fronte.

 

 

13)Un’ultima domanda. Una delle vostre proposte che ha suscitato più polemiche è quella dell’abolizione del 41bis. Come mai secondo voi questo punto del vostro programma ha generato tanto clamore?

 

Nicoletta: Questo è proprio uno degli elementi che svela quanto, prima della rappresentanza in Parlamento, sia necessario recuperare un’egemonia culturale di sinistra. Potere al Popolo è arrivato a inserire l’abolizione del 41bis nel programma a seguito di un complesso ragionamento collettivo che riconosce la funzione riabilitativa e non punitiva del carcere, il rifiuto della tortura, e che prende atto di delibere internazionali che condannano il 41bis come provvedimento illegittimo e disumano. Le polemiche e il clamore sono dovuti, a mio avviso, alla mancanza di questo ragionamento nel dibattito pubblico e nel senso comune. Rispetto alla giustizia, in particolare, è tanto più urgente riportare al centro questioni come l’umanità e il carattere riabilitativo della pena, che sono sicuramente poco ammalianti da un punto di vista elettorale, ma sono giuste e necessarie, per liberare il dibattito da un legalismo feroce ma privato di senso e dei caratteri di civiltà e umanità.

Giuliano: Non ho praticamente niente da aggiungere a quello che ha detto perfettamente Nicoletta. Personalmente mi sono trovato spesso a discutere con le persone, proprio su questo punto del programma, e la mia risposta è sempre la stessa: il 41bis è tortura. La necessità di impedire ai boss della camorra di comunicare con l’esterno c’è; ciò in ogni caso non giustifica la presenza del 41bis. E’ solo un atto di forza bruta che lo Stato Italiano applica ai suoi nemici che possono essere anche movimenti di resistenza che nulla hanno a che fare con le mafie. Basti pensare che provarono ad applicare il 41bis anche per i No Tav!

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