Della logistica e del lavoro precario. Il mondo sommerso del Bricocenter di Lucca

Dalle testimonianze di alcuni operai della logistica, un racconto di come si lavora sotto ricatto e in condizioni di sfruttamento al BricoCenter di San Concordio, Lucca.

Treu, Biagi, Poletti. Sono nomi che risuonano nelle nostre teste come tanti altri nomi di politici, per i più giovani i primi due sono reperibili giusto nei libri di storia(il secondo addirittura come una sorta di martire), in realtà sono tre nomi che segnano in Italia la svolta dall’epoca del diritto al lavoro – strappato con decenni di lotte – all’epoca del mercato del lavoro. Una svolta prima di tutto lessicale che ha portato politici e giornalisti a trattare la disoccupazione come un mero calcolo economico, e marginalmente sociale, che si inserisce nei trend economici allo stesso modo di qualsiasi indicatore finanziario (e per tamponare le ferite il termine “licenziamenti” è stato soppiantato dal meno crudo “esuberi”). Il laissez faire scelto a tavolino dal capitalismo mondiale ha portato i governi dalla gestione sociale delle politiche sul lavoro alla totale delega al mercato, i lavoratori sono diventati così sempre di più una merce la cui vita si piega alle regole della domanda e dell’offerta, e questa svolta programmata quarant’anni fa e portata avanti da tutti i governi italiani ci ha condotti alla realtà di oggi in cui il precariato è una condizione esistenziale, di nascita, per tutti coloro la cui famiglia non detiene ricchezza.

Della realtà produttiva e lavorativa una fetta importante è occupata dal mondo dei flussi, dello spostamento delle merci e della logistica dei trasporti. All’interno di questa fetta produttiva esiste l’enorme categoria dei facchini che continuamente spostano, imballano, spediscono e gestiscono la merce, dai magazzini agli scaffali della grande distribuzione organizzata.

Come in tantissimi centri della grande distribuzione, anche al Bricocenter di Lucca la logistica della merce è quasi totalmente affidata a cooperative denaturate del loro scopo originario solidaristico ma votate allo sfruttamento. Difatti queste cooperative della logistica, che cambiano nome e consorzio più volte l’anno, stanno cercando da anni di soppiantare il lavoro dei dipendenti interni (indeterminato e spesso sindacalizzato) con quello di facchini interinali. Come lo stanno facendo? Garantendo un prezzo di manodopera bassissimo e continuando a vincere appalti al ribasso per lo svolgimento di più mansioni possibili. Una tendenza che i governi di centrosinistra hanno incoraggiato e a cui il capitalismo risponde con sempre più innovative forme di sfruttamento.

La cooperativa che ha l’appalto al Bricocenter di Lucca (Ninfea Logistic) garantisce quindi un numero variabile di operai (all’incirca 5) pagati 5,80 euro netti l’ora , con contratto part-time, e un mese di prova in cui puoi essere immediatamente mandato a casa. L’appalto, più subdolamente di quanto previsto fino a pochi anni fa, prevede che di fatto il lavoro sia a cottimo. Ovvero l’operaio (la cui mansione principale è di sistemare ordinatamente sugli scaffali ogni prodotto che arriva nei magazzini) deve garantire la sistemazione di 500 pezzi l’ora – contando poi che un singolo pezzo può essere una singola vite come un vaso di ceramica da 30kg – se la media oraria è bassa per troppo tempo, la cooperativa lo licenzia per  garantire uno standard di produttività.  Poco importa se il prezzo da pagare è la salute degli operai, chi dirige i processi logistici sa bene che questi standard (che vengono alzati progressivamente) sono impensabili nel lungo periodo, ma l’operaio ‘inefficiente’ viene presto sostituito con i tanti giovani che intasano le agenzie del lavoro.

Quindi l’operaio al Bricocenter (come in qualsiasi magazzino della GDO) deve prima di tutto garantire velocità e precisione, poi dimostrarsi flessibile a cambi di orari, straordinari pomeridiani o serali (nonostante contratti part-time o da 15 ore), non fare assenze e lavorare anche con la febbre alta, come riporta un operaio che è stato cacciato dal lavoro dopo il rientro da 5 giorni di assenza per malattia, che il datore della cooperativa aveva commentato come una “scusa”, visto che il suddetto manager, a suo dire, lavorava anche con la febbre (ma la mansione non è di certo usurante, e lo stipendio quintuplicato rispetto all’operaio garantisce una certa motivazione).

Velocità, efficienza e obbedienza sono i cardini del lavoro interinale nel settore del logistica, una sorta di mantra che i manager si ripetono per definire i requisiti minimi del lavoratore. Standard produttivi che vengono richiesti in primo luogo alla base della catena di sfruttamento del megastore ovvero operai delle coop logistiche e donne delle pulizie, alimentando una fondamentale strategia di comando: divide et impera. Sì, perché nella grande distribuzione, dove ampi settori vengono esternalizzati, la concorrenza è prima di tutto interna tra gli schiavi che concorrono alla posizione di sfruttamento più o meno ambita. Tra interni ed esterni, tra chi lavora da anni e tra chi va e viene per brevi periodi, tra chi perde diritti e chi i diritti non gli ha mai avuti, tra chi invecchia e i giovani che paiono insidiare posizioni e mansioni. Questa competizione è una strategia collaterale alla necessità dei padroni di risparmiare sul costo vivo del lavoro ma risponde benissimo all’esigenza di indebolire la comunità lavorativa, di dividere e creare malumori e quindi stroncare sul nascere ogni rivendicazione.

Così campano le ingiustizie: sulla divisione di chi sta in basso e sulla creazione di piccole figure di kapò, comprati con briciole salariali e piccoli favoritismi rispetto agli altri facchini, con il compito di coordinare, dirigere e soprattutto spiare e riferire i malumori e le rivendicazioni serpeggianti. La stessa cooperativa che ha tutt’ora l’appalto al BricoCenter di Lucca si è mossa così, specie in situazione di crisi: ad esempio quando i lavoratori, di fronte all’abbassamento continuo dei salari e all’innalzamento degli standard produttivi, si erano resi disponibili a cercare l’aiuto sindacale e a minacciare le dimissioni in blocco, ma il responsabile ha ben presto premiato l’operaio che ha spaccato il fronte fino a poco prima unito contro i padroni: cinquanta euro in più al mese per il ruolo di coordinamento e una pacca sulla spalla. Così poco vale la dignità nell’epoca della disoccupazione di massa.

Una società, quella che gestisce l’appalto del BricoCenter, che ha fatto della scorrettezza verso i suoi operai un metodo di routine. Gli operai ci hanno riferito che poco meno di un anno fa è avvenuto un episodio alquanto preoccupante. Dopo un Maggio di lavoro piuttosto intenso con molte ore di straordinario, a fronte del contratto da 15 ore settimanali la Ninfea logistic pensa bene di presentare a fine mese un foglio retrodatato al 28 Aprile in cui comunica che dal mese di Maggio (appena finito!) si sarebbe passati ad un contratto di 25 ore. Ecco che con un escamotage illegale i responsabili cancellano le ore di straordinario fatte pagandole come ore normali con l’assenso firmato degli operai, che vista la situazione ancora in prova o con contratto a tempo determinato si trovano costretti a scegliere tra l’ennesima infamia padronale o il licenziamento.

Agli episodi fino ad ora elencati si aggiungono poi i problemi sulla sicurezza, visto che agli operai non vengono fornite neppure le scarpe antinfortunistica (eppure appena firmato il contratto i neoassunti sono obbligati a sottoscrivere di aver ricevuto ogni dispositivo di sicurezza previsto dalla legge), le continue pressioni fatte dai capi per la velocità, la precisione e l’efficienza, gli straordinari  comunicati la sera precedente e la violenza psicologica dettata dalle sfuriate continue del direttore del negozio (che però è ben pronto a lavarsi le mani difronte alle scorrettezze della coop).

La situazione al BricoCenter di Lucca non è altro che l’ennesimo esempio di quotidiano sfruttamento nel mondo del lavoro italiano. Questa situazione non è l’eccezione ma più che altro una regola dettata dai contratti nazionali siglati dai sindacati confederali, dalle riforme del lavoro improntate sempre e comunque al precariato e a salari sotto la soglia di povertà (e chi lavora al Bricocenter come facchino guadagna di media 600euro al mese), dalla meccanizzazione dei processi produttivi e dal ‘normale’ sfruttamento delle aziende che in situazione di crisi si fa sempre più intenso.
La flessibilità e il “tempo liberato” sognati dagli operai degli anni ‘70 sono diventati magistralmente parole d’ordine del capitalismo. La lotta quotidiana è diventata invece interna alla classe operaia per conquistarsi il posto fisso nell’alienazione quotidiana e con un salario da fame.

Ma lo scenario non è fermo, il mercato si muove in continuazione, e la logistica sta diventando sempre più precaria, saltuaria, e atomizzante. Dal lavoro interinale si passa al lavoro digitale, dettato dagli algoritmi dei grandi provider delle consegne a domicilio (Amazon flex in questo senso è il triste futuro), dove le tutele non esistono e dove il lavoratore esiste come collaboratore autonomo occasionale. Il lavoro precario e usurante, dopo essersi sviluppato sulle categorie più deboli e sfruttabili (giovani e migranti) sta diventando la norma anche in quelle aziende dove gli operai specializzati indeterminati e assicurati sono in via di estinzione.

Se pare uno scenario desolante sappiamo anche bene che più estesa sarà la precarizzazione della società più il capitalismo rinforzerà la classe che determinerà la sua estinzione, e proprio nel mondo dei flussi e della logistica, così cruciali per il consumo a domicilio degli anni dieci, sta il punto debole del nostro nemico, che affida la sua stessa riproduzione ad un meccanismo di sfruttamento ottocentesco. Allora la lotta deve ritornare sui binari così cruciali anche per il capitale, bloccare i processi produttivi vuol dire riappropriarsi del tempo che ci viene sottratto, vuol dire fermare il mostro industriale laddove esso si rifocilla, vuol dire tornare a parlare di bisogni e di vite migliori, o quantomeno di vite che non vogliamo più vivere.

 

Il tema della logistica verrà ripreso nel prossimo focus sulle consegne e il lavoro dei riders.

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