A 40 anni dalla legge 194, non un passo indietro
Cronaca di una ricca giornata di dibattito sulle lotte femministe di ieri e di oggi
è iniziata verso le 4 e mezzo del pomeriggio di sabato l’iniziativa promossa da Non Una di Meno Lucca in occasione del quarantesimo anniversario della legge 194 che permise la legalizzazione dell’aborto. Circa 50 le persone presenti, diversi articolati gli interventi che si sono susseguiti.
Alcune militanti di Non Una di Meno hanno esordito spiegando il perché di questa iniziativa, e la necessità di darle un carattere non semplicemente rievocativo o celebrativo, bensì un’impronta di lotta. Questo in ragione soprattutto dell’attacco clerico-fascista mosso dalle associazioni pro-life che da anni sta erodendo i margini di applicabilità della legge 194: basti pensare, ed è solo l’ultimo episodio di una lunghissima serie, ai maxi-manifesti anti-abortisti apparsi a Roma nei giorni scorsi che con un vero e proprio capovolgimento della realtà vorrebbero spacciare l’aborto come prima causa di femminicidio nel mondo.
All’attacco culturale e politico al diritto delle donne di scegliere liberamente del proprio corpo, si affianca quello contro gli spazi femministi che subiscono intimidazioni da parte delle formazioni fasciste o che vengono sgomberati, sfrattati o messi in vendita dalle istituzioni. Attacco a cui è necessario rispondere rafforzando i legami di solidarietà tra le diverse realtà femministe ad ogni livello, nel rispetto delle diverse anime che compongono il movimento.
Proprio per questo motivo, hanno continuato le compagne, è nata anche a Lucca Non Una di Meno, collettivo che ha riunito diverse compagne già protagoniste nei decenni passati di diverse battaglie per i diritti delle donne. Più nello specifico è stato ripercorso brevemente il percorso di nascita del collettivo, costruitosi anche grazie alla condivisione pregressa delle mobilitazioni nazionali e regionali promosse dalla rete di Non Una di Meno, oltre all’esperienza locale di Aspettando Lotto, ciclo di giornate di dibattiti, condivisione e arte al femminile che nel 2016 e nel 2017 ha preceduto la giornata dell’8 marzo.
Sono stati inoltre ribaditi il carattere fortemente internazionalista, antirazzista e antifascista del collettivo, che lo ha coerentemente portato in questi mesi a prendere posizione contro la strumentalizzazione di episodi di violenze e molestie che Casa Pound ha compiuto in città in questi mesi. Un ricordo particolare è stato dedicato a Vania Vannucchi, infermiera atrocemente uccisa dal suo ex nell’estate 2016 proprio a Lucca, così come a una femminista lucchese di lungo corso come Annamaria Medri, morta di recente.
La parola è quindi passata a un’altra compagna che anche grazie a una serie di slides ha illustrato quella che era la drammatica condizione delle donne in Italia prima della 194, l’emergere dei movimenti femministi e il più ampio contesto politico e sociale che ha portato alla conquista delle leggi sul divorzio e sull’aborto. Degna di nota è un’inchiesta dell’UDI (Unione delle Donne Italiane) che nel 1961 stimava in 50 aborti ogni 100 concepimenti il numero di interruzioni clandestine di gravidanza. Un numero enorme che dà conto della portata di un fenomeno dove l’appartenenza di classe determinava una grossa differenza: mentre le donne più facoltose potevano recarsi in delle cliniche private all’estero dove poter abortire in condizioni sanitarie sicure, quelle di estrazione proletaria erano invece costrette a ricorrere alle famigerate “mammane”, i cui metodi abortivi erano particolarmente dolorosi ed esponevano le donne al rischio di infezioni, setticemie ed emorragie, perdendo anche la vita in molti casi.
Questa situazione di intollerabile mancanza di autonomia delle donne in relazione al proprio corpo e alle proprie scelte di vita porta quindi all’emergere dei movimenti femministi che nel corso degli anni Settanta costruiscono manifestazioni di denuncia e pratiche di solidarietà e mutualismo, fino ad arrivare alla conquista della legge 194, confermata dal fallimento del referendum abrogativo del 1981. Una legge sicuramente imperfetta per alcuni aspetti ma che ha rappresentato un miglioramento indiscutibile per milioni di donne, determinando peraltro anche un nettissimo calo degli aborti in generale.
Il punto più dolente della 194, che ne ha via via inficiato l’efficacia, come ha poi illustrato un’assistente sociale del consultorio di Lucca, è rappresentato però dall’articolo 9 che prevede l’obiezione di coscienza per i medici, permettendo loro di sottrarsi alla richiesta di IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza). Ad oggi i ginecologi obiettori in Italia sono oltre il 70 %, a fronte di un 7 % in Francia e di un 10 % in Inghilterra, mentre in Svezia l’obiezione di coscienza non è proprio consentita. Questa situazione, specie in alcune regioni italiane, finisce in molti casi col rendere difficile se non impossibile per le donne che fanno richiesta di IVG ottenerla nell’arco dei 90 giorni dal concepimento previsti dalla legge, andando a vanificare la 194 e ledendo un diritto fondamentale delle donne.
Proprio per denunciare la portata di questo problema, su iniziativa di un gruppo di studentesse universitarie fuori sede, l’8 marzo nasce a Pisa Obiezione Respinta, un progetto di mappatura di tutti i luoghi (dagli ospedali ai consultori, fino alle farmacie dove non viene venduta la pillola del giorno dopo) in cui viene praticata l’obiezione di coscienza e dove le donne si trovano ad essere ostacolate e giudicate per le loro scelte. Il progetto, grazie anche alla rete di Non Una di Meno e alla pratica della segnalazione diretta alla pagina facebook, acquista ben presto una valenza nazionale configurandosi come un efficace strumento di denuncia e punto di riferimento informativo (con un numero di telefono attivo 24 ore su 24: 331 963 4889), oltre che strumento di presa di parola collettiva per rompere la propria condizione di solitudine e nominare la violenza subita.
Il nodo pisano di Obiezione Respinta trae inoltre forza dall’occupazione della Limonaia – Zona Rosa il 7 aprile 2017, uno spazio femminista aperto a tutte le soggettività non omologate alla figura del maschio bianco eterosessuale, che resiste anche a un primo sgombero venendo rioccupato a breve e tuttora esistente. Al suo interno sono stati sviluppati durante il primo anno di occupazione uno sportello legale e uno ginecologico, oltre che un corso di lingue che ha visto la partecipazione di molti migranti accolti nelle strutture presenti sul territorio di Pisa.
Al termine degli interventi è seguito un dibattito che ha messo l’accento sull’importanza della difesa di tutti gli spazi femministi sotto attacco, da quelli attualmente occupati a quelli messi in vendita come la Casa delle Donne di Viareggio, indicando come via da seguire il rafforzamento della rete dei contatti sia nell’ottica di mettere in circolazione saperi ed esperienze sia per darsi solidarietà e aiuto reciproco in caso di bisogno.
La serata è poi proseguita con un ricco aperitivo accompagnato da una mostra di fotografia, proiezione di video, letture e il concerto delle De’ Soda Sisters. Prossimo appuntamento sabato 26 maggio alle 18:30 presso la biblioteca di San Concordio dove verrà presentato il libro di Angela Davis “Donne, razza e classe”.