KME: cronaca di un ricatto. Sabato 13 manifestazione No inceneritore

Sabato 13 ottobre a Fornaci di Barga, la Mediavalle scende in piazza contro il progetto di costruzione dell’impianto di pirogassificazione targato KME. Nonostante la mobilitazione del territorio, l’azienda e la Giunta Rossi vanno avanti, imponendo arrogantemente la volontà aziendale sui diritti e sulla salvaguardia del territorio, e sottoponendo la Garfagnana al ricatto occupazionale: dallo sfruttamento del lavoro il ciclo capitalista si compie nello sfruttamento ambientale.

Mentre la Uil, nella persona di Giacomo Saisi, celebra l’accordo come un piano di rilancio aziendale finalmente “non difensivo”, la KME sta semplicemente e orribilmente rimediando agli errori compiuti in passato e chiede ai lavoratori di pagarli per mezzo di un’altra moneta: quella della salute e della salvaguardia territoriale.

Andiamo con ordine.

Nel 2013 la KME, in forte crisi dal 2006, minaccia un esubero di 175 dipendenti, recuperati per mezzo di un accordo sindacale che prevede la rinuncia dei lavoratori a parte del loro salario. La situazione non migliora e al 2016 la prospettiva dell’esubero investe 275 persone, che la contrattazione sindacale permette di convertire nella collocazione di 110 lavoratori al massimo degli ammortizzatori sociali. Di questi, 40 posti vengono reintegrati nella ripresa degli anni successivi fino ad oggi.

È a questo punto che la KME arriva alla proposta del piano di rilancio industriale, con un investimento di 70 milioni di euro e 135 posti di lavoro (di cui 60 nuovi). Il piano prevede il raggiungimento dell’autosufficienza energetica per mezzo di una piattaforma di produzione dell’energia: il pirogassificatore che funzionerebbe per mezzo della combustione degli scarti di cartiera (pulper).

Il 20 agosto 2018, alla presenza della Regione Toscana e del Ministero per lo Sviluppo Economico, i sindacati e la KME firmano un accordo che stanzia 92 milioni di euro complessivi da investire in tre anni, che permetterebbe il rientro in azienda di tutti gli esuberi entro settembre 2019 e la proroga di 12 mesi della cassa integrazione per i 65 lavoratori ancora da ricollocare. L’accordo, tuttavia, rimane vincolato alla realizzazione della piattaforma energetica e non prevede paletti energetici. La millantata necessità di raggiungimento dell’autosufficienza energetica per il rilancio è di fatto la copertura della volontà di investire nel business dei rifiuti.

L’azienda, infatti, non ha mai veramente tentato la strada delle energie rinnovabili: il Comitato per l’attuazione della Costituzione giudica ridicola l’affermazione dell’amministratore delegato Pinassi di aver considerato la possibilità dello sfruttamento idroelettrico, perché la polla a cui l’azienda avrebbe fatto riferimento nel suo studio, la Polla Gangheri, non produrrebbe nemmeno l’1% dell’energia necessaria. Discrepanze anche nel resoconto sull’energia solare, poiché Pinassi ha affermato che la produzione energetica si fermerebbe in questo caso al 5% del fabbisogno, mentre gli studi del Comitato sull’utilizzo di un impianto da 25 megawatt, in una zona come la Garfagnana, indicano piuttosto la produzione del 32% dell’energia necessaria.

Per quanto riguarda le emissioni, il Movimento La Libellula ha fornito studi dettagliati che confermano la pericolosità della scelta di costruire un pirogassificatore nella zona, già altamente inquinata e soggetta al fenomeno di inversione termica per cui, in quella zona, i vapori caldi non salgono e rimangono a bassa quota: in poche parole è come fumare in una stanza tenendo le finestre ben chiuse.

Anche la vicenda istituzionale è stata macchiata dalla totale assenza di trasparenza e di rispetto dei territori. Il 4 luglio il Consiglio Regionale votava all’unanimità la mozione di Tommaso Fattori (Sì – Toscana a Sinistra) che prevede l’impegno della Giunta Regionale ad avviare un percorso di monitoraggio dell’inquinamento dell’aria e del suolo del territorio, un’indagine epidemiologica, e una mediazione per un rilancio industriale in grado di coniugare ambiente, salute e diritto del lavoro, definendo le tecnologie adeguate per la produzione di energia pulita e rinnovabile. Tuttavia, la partecipazione della Regione all’accordo del 20 agosto ha confermato la volontà della Giunta Rossi di proseguire nell’accordo con la KME, percorso già intrapreso a giugno, quando la Giunta, nella totale oscurità del Consiglio Comunale, aveva firmato un accordo in cui si impegnava a valutare la possibilità di sostenere gli investimenti per il pirogassificatore come opera di interesse strategico regionale. Nell’accordo si ribadiva inoltre la necessità della piattaforma energetica per il raggiungimento dell’autosufficienza come soluzione indispensabile per il rilancio dello stabile di Fornaci. A fianco alla mobilitazione generale del territorio e della manifestazione del 13, il Movimento La Libellula ha avviato così anche una raccolta firme indirizzata alla Regione, dove si sta giocando, in modo totalmente arbitrario e autoritario, la vera partita.

A questo punto, la battaglia ambientalista e per la salute si  profila estremamente complicata e difficilmente efficace se non saprà unirsi alla lotta per il diritto al lavoro. La KME, come tutte le vicende che contrappongono salute e lavoro, guadagna e specula sulle esigenze materiali delle persone. È necessario allargare il concetto di sovranità territoriale, per cui occupare lo spazio pubblico con la manifestazione di sabato significa resistere all’invadenza aziendale, appoggiata dall’autoritarismo regionale, che farà pagare il territorio, come in passato ha fatto pagare i lavoratori per i suoi profitti: stesso ricatto, moneta diversa.

Ambiente, salute e lavoratori non possono configurarsi come merce di scambio per la sopravvivenza della Valle del Bello e del Buono. Il territorio è di chi lo vive.

 

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