Scuola, tempo libero, aspettative verso il futuro. Stralci di inchiesta sul mondo giovanile a Lucca

Già da alcuni anni, a Lucca (ma la situazione non ci sembra troppo diversa in altri contesti provinciali o anche metropolitani), non assistiamo più a occupazioni delle scuole né all’emergere di mobilitazioni studentesche numericamente considerevoli. Né in forma spontanea, né sotto la spinta di collettivi organizzati a cui ci sentiamo politicamente più vicini. Ne è scaturito un processo di tendenziale passivizzazione e spoliticizzazione, di cui hanno saputo trarre vantaggio formazioni giovanili di estrema destra come il Blocco Studentesco, presente ormai in diverse delle scuole della lucchesia.

Pensiamo che questa assenza di conflittualità dispiegata e politicamente esplicita vada innanzitutto indagata e compresa, per non cadere in ingiustificati scoramenti su una “generazione persa” o definitivamente nelle mani del neofascismo. E provare quindi a elaborare ipotesi di ragionamento, delineare strategie di intervento politico, fare sperimentazioni. Questo, al di là di un semplice auspicio, è più che altro una necessità, data l’importanza peculiare che ha il soggetto giovanile all’interno di una prospettiva anticapitalista: la concentrazione di centinaia di persone in spazi comuni, la possibilità di godere, almeno sulla carta, di tempi di vita non ancora così pesantemente disciplinati dal lavoro, un’età in cui la propria soggettività è ancora in costruzione ed è più disponibile a pensieri e comportamenti antisistemici…

A partire da queste considerazioni, nei primi mesi di quest’anno abbiamo deciso di condurre un’inchiesta nelle scuole del nostro territorio in modo da ottenere degli spunti di riflessione e di maggiore comprensione rispetto a come vive e pensa quella fascia di studenti e studentesse che oggi hanno tra i 15 e i 18 anni.  Ne abbiamo intervistati dieci, sei ragazze e quattro ragazzi, provenienti da due licei (il Vallisneri e il Passaglia), un istituto tecnico (l’ITC Carrara) e un professionale (Civitali).

Questo campione, peraltro assai limitato, non ha chiaramente valore statistico. è solo uno stralcio di inchiesta, appunto, i cui risultati (e le tracce di ragionamento che, in parte, possiamo elaborare sulla base di questi risultati) possono anzi debbono essere verificati oppure ridimensionati e contraddetti dal proseguimento dell’indagine. Ci limitiamo a esporre solo poche indicazioni di metodo che abbiamo voluto seguire nel nostro lavoro.

Per prima cosa, abbiamo scelto di non intervistare studenti o studentesse facenti parte di collettivi o ruotanti direttamente nella loro orbita, evitando così la ricerca di risposte forse confortanti ma falsanti rispetto a una condizione studentesca più generale. In secondo luogo, abbiamo cercato di porre delle domande (una ventina circa) che non fossero troppo direttamente politiche, al massimo pre-politiche. Lo abbiamo fatto nella convinzione che oggi ci sia bisogno di porre l’attenzione soprattutto su una serie di elementi “impliciti” che caratterizzano la condizione giovanile, i suoi aspetti di politicità o impoliticità attuali e quelli invece potenziali.

Quattro sono stati gli ambiti principali che abbiamo deciso di indagare: scuola e formazione, aspettative verso il futuro,  tempo libero, relazioni con gli altri. Esponiamo qui di seguito in forma riassuntiva i risultati dell’inchiesta, mentre per chi volesse leggere le interviste nella loro completezza, rimandiamo a questo pdf: Inchiesta sul mondo giovanile a Lucca.

Nei prossimi giorni faremo invece uscire (sulla base anche di alcuni degli spunti che questa inchiesta ci ha fornito, ma senza alcuna pretesa di aver trovato “l’interpretazione e la soluzione giusta”, anzi!) alcune nostre riflessioni e ipotesi di ragionamento ai fini di un intervento politico vero e proprio. Si tratta ovviamente di una materia aperta, su cui ci piacerebbe discutere e confrontarci con chiunque sia interessato a farlo, studenti e studentesse in primis.

Buona lettura!

 

Scuola, formazione e aspettative verso il futuro

 

La prima cosa che ci siamo chiesti, e che quindi abbiamo chiesto ai giovani che abbiamo intervistato, è se la scuola costituisca ancora per loro un luogo di arricchimento personale, dove è piacevole passare il proprio tempo. Rispetto a questo interrogativo, pur con diverse sfumature, la risposta è ancora positiva in almeno 2 casi su 3 fra quelli che abbiamo sentito. Soprattutto in quanto luogo di socializzazione, dove è possibile conoscere coetanei e formare amicizie nell’immediato.

L’utilità della formazione personale o della preparazione professionale a scopo lavorativo che essa fornisce viene riconosciuta, ma risulta più controversa. In alcuni casi queste due dimensioni convivono fianco a fianco, in altri casi invece vengono messe l’una contro l’altra: “dovresti essere buono a portare il pane a casa invece esci da scuola che sei buono in tutto tranne che quello”, ci dice uno studente.

Per quanto riguarda l’alternanza scuola-lavoro, elemento cardine dell’ultima riforma renziana, abbiamo riscontrato giudizi unanimemente critici. Si va da una condanna vera e propria in quanto lavoro gratuito e sfruttamento che toglie ore allo studio e alla didattica, a una critica più articolata che ne mette in discussione non l’idea in sé, bensì la sua attuale organizzazione (troppe ore, scarsa, coerenza tra percorso di studio e attività di alternanza, mancanza di controlli ecc.).

Abbiamo quindi chiesto quali sono gli argomenti di cui vorrebbero si parlasse di più a scuola. C’è una netta prevalenza per l’attualità e la politica nei licei, un interesse più specifico verso le dipendenze, il bullismo, l’educazione sessuale e l’uso dei social network da parte degli studenti degli altri due istituti.

Circa il come gli studenti e le studentesse guardano alla rappresentanza studentesca nei loro istituti, quello che ne viene fuori è un malcontento pressoché generale: “Alcuni tuoi diritti vengono calpestati e a seconda degli ambienti viene calpestata anche la tua personalità. Trovi ambienti difficili dove anche i professori e l’istituzione stessa ti abbattono.”, “Sembra che [i rappresentanti d’istituto] ci si mettano perché formalmente ci devono essere, però se deve essere così si potrebbero anche abolire…”.  Sfiducia, delusione, indifferenza e senso di impotenza sono quindi i sentimenti più diffusi. Nulla di diverso da come la maggior parte della popolazione guarda alla politica istituzionale e alla rappresentanza parlamentare, a pensarci bene.

Veniamo quindi alle aspettative per il futuro. C’è molta incertezza, ma nella maggior parte dei casi la speranza è quella di riuscire a mantenere lo stesso tenore di vita dei propri genitori, pur con la consapevolezza che è più probabile un peggioramento che un miglioramento. In quasi un terzo dei casi, il trasferimento all’estero per completare gli studi e trovarvi eventualmente lavoro viene posto come obiettivo ultimo del proprio percorso formativo. Dato non sorprendente, visti i numeri impressionanti dell’emigrazione giovanile degli ultimi anni, ma che colpisce comunque per la precocità con cui questa “scappatoia” (sulla cui efficacia o meno, non è qui rilevante esprimere un giudizio) entra nell’orizzonte di ragazzi e ragazze ancora minorenni.

Sempre a proposito di incertezza rispetto al proprio futuro, abbiamo voluto chiedere agli intervistati se sarebbero disponibili a lavorare gratis per un tempo di sei mesi/un anno in cambio della promessa di essere assunti dal loro datore di lavoro, in modo da sondare a che livello viene interiorizzata la propria condizione di subordinazione e ricattabilità rispetto al mercato del lavoro e al meccanismo della promessa. A fronte di un 4 risposte in cui si afferma risolutamente di non essere in alcun modo disponibili a lavorare gratis, altre 6 risultano più incerte: non viene detta l’ultima parola” rispetto alla varietà di situazioni e di offerte che si potrebbe ricevere.

Un altro dato abbastanza sorprendente è il proposito unanime di proseguire gli studi all’università dopo le superiori. Come interpretare questo proposito, a fronte degli alti tassi di disoccupazione o di occupazione non qualificata a cui vanno incontro molti neolaureati nel nostro paese? Una possibile risposta che avanziamo è che l’università, più che come mezzo di passaggio a un’occupazione più redditizia o più prestigiosa, venga vista come un mezzo per ritardare l’entrata in un mondo del lavoro, percepito come avaro di reali opportunità di realizzazione personale, ritardando così anche l’entrata in un’età adulta che sembra non coincidere più con l’emancipazione economica dal nucleo familiare.

 

Tempo libero e relazioni con gli altri

 

Passando oltre il come vengono visti e vissuti gli spazi scolastici, e più in generale il ruolo della scuola come istituzione oggi, ci siamo chiesti in che modo i giovani trascorrono il loro tempo libero e come vivono le relazioni con gli altri. Contrariamente a una vulgata che descriverebbe gli adolescenti come completamente risucchiati dagli schermi dei loro smartphone, dalla nostra modesta indagine risulta invece una netta preferenza per il tempo passato fisicamente insieme agli altri (al gruppo di amici soprattutto): correre, andare in palestra, praticare uno sport sono le attività preferite da svolgersi in compagnia, leggere, studiare, guardare film quelle invece condotte perlopiù in solitaria. Viaggiare (soldi permettendo!) rimane invece l’attività più desiderata tramite cui è possibile fare nuove esperienze.

Anche per quel che riguarda l’uso dei social networks, pur ammettendone in alcuni casi un uso frequente e quantitativamente rilevante a livello di tempo, quello che emerge è un giudizio tendenzialmente tiepido, e a volte anche assai negativo verso gli aspetti più deteriori (perdita di tempo, difficoltà a concentrarsi, virtualizzazione dei rapporti, esibizione di false immagini di sé, diffusione di fake news ecc.) di questa tecnologia, che non compenserebbero quelli visti con più favore (possibilità di avere contatti con persone con cui sarebbe difficile averceli altrimenti, perché geograficamente o socialmente lontane, possibilità di informarsi e di avere accesso a contenuti culturali ecc.). Se di dipendenza si può parlare, è una dipendenza senza identificazione con la sostanza insomma. 

Grande importanza dei legami, dicevamo. La sfera degli amici soprattutto, ma anche quella della famiglia, visti entrambi come unico appiglio sicuro in un mondo dove predomina una tendenziale liquidità di rapporti. Emerge anche, in alcuni casi, disagio rispetto al rischio di ritrovarsi soli, alla paura di non essere accettati in un gruppo e di finire quindi emarginati: “una volta di tutto e di più ho fatto per non essere escluso, mi sono finto una persona che non ero, ho fatto cose che non erano tanto belle”, “tutti vogliono essere accettati in un gruppo, infatti tanti si uniformano a seconda dei tipi di gruppo”.

Assai poco problematica viene vista invece la convivenza e il rapporto con coetanei e persone provenienti da altre culture o con un altro colore della pelle, verso cui gli studenti e le studentesse intervistati non sembrano provare né particolare curiosità né paura. Segno di un’integrazione con la diversità che risulta forse più pacifica e naturale per le generazioni più giovani.

Abbiamo poi chiesto quale significato essi danno alla parola “politica”, quali sono gli aspetti del mondo che li circonda che vorrebbero maggiormente cambiare, come concepiscono il rapporto tra la propria individualità e la società di cui fanno parte. Disuguaglianze, guerre, povertà, discriminazioni, mancanza di lavoro sono i problemi più sentiti. Più precisamente, una metà degli intervistati vede la politica come una sfera verso cui si prova disinteresse e che non si riesce a comprendere, mentre l’altra metà se ne interessa e ne riconosce l’importanza, e vorrebbe anzi che tutti se ne interessassero. In entrambi i casi tuttavia, sembra sparito il concetto di politica come pratica di autodeterminazione collettiva. Come afferma una studentessa con desolante sintesi: “Per me la politica è persone che decidono per altre persone”. Ci si rapporta quindi alla politica come a uno spettacolo a cui forse saremmo tenuti tutti ad assistere (come individui) e che sarebbe necessario osservare attentamente, ma dove pare scomparsa la possibilità di influire su cosa vi viene rappresentato: “Non si può cambiare nulla in questo mondo, tanto c’è sempre qualcuno che comanda e quindi non puoi fare nulla.”

Abbastanza variegate e contrastanti sono state infine le risposte circa il come viene vista la città di Lucca dai più giovani a livello di opportunità di divertimento. Qualche giudizio positivo, alcuni che non si sbilanciano, altri che invece la giudicano decisamente poco ospitale per i giovani e le loro esigenze. Pesa in quest’ultimo caso, a parte la sofferenza per il senso comune bigotto e conservatore, anche la presenza di barriere economiche che rendono la propria città uno spazio estraneo, specie in occasione dei grandi eventi: “[Lucca] non lascia spazio ai giovani, o comunque lo lascia a pochi. Cioè c’è questo paradosso, che ci sono manifestazioni “vetrina” impressionanti ma che alla fine non sono accessibili a tutti”.  

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