33 manifestanti rinviati a giudizio per l’opposizione al G7 lucchese. La resistenza non si processa!

Era il 10 Aprile 2017 e un migliaio di persone, in un difficile lunedì pomeriggio, scesero in piazza in una Lucca irriconoscibile e completamente militarizzata per la presenza dei 7 ministri degli esteri dei paesi più potenti, ricchi e guerrafondai del globo. Per quel corteo qualche giorno fa il tribunale di Lucca ha rinviato a giudizio 33 giovani sopratutto lucchesi ma anche fiorentini, pisani, spezzini, viareggini, massesi e bolognesi, per violenze e minacce a pubblico ufficiale. La giudice ha dovuto accogliere la richiesta di “non luogo a procedere” per 4 degli iniziali 37 denunciati. Così ha iniziato a scricchiolare la costruzione della questura, che nei suoi fogliacci ha ricostruito ben poco della giornata e inventato parecchio, comprese le identificazioni di persone sulla base di sgranate immagini e sospettose imboccature di altri uffici DIGOS. L’indagine ha portato poi anche alla creazione di altri due filoni, uno dove 3 ragazzi di Lucca sono accusati di porto di armi improprie, un pericolosissimo manico di ombrello ritrovato in una macchina perquisita la sera dopo il corteo e un altro filone dove altri quattro ragazzi sono denunciati per aver trasportato una dozzina di canotti dimostrativi verso il raduno in piazzale Don Baroni. La questura di Lucca ha così tentato la sua vendetta provando a rappresentare la giornata del 10 Aprile come un invasione di neri provocatori e imboccando ai giornalisti comunicati che tentano di minimizzare un corteo che in realtà ha portato contenuti e pratiche inedite nella storia della nostra città.

Città che per la prima volta si è trovata al centro dello spettacolo politico ospitando il G7 dei Ministri degli Affari Esteri, con sommo gaudio delle istituzioni locali che aspettavano questo momento con ansia. Da destra e sinistra, infatti, non c’è stata una sola parola critica sulla situazione internazionale, sembrava e sembra tutt’ora che per i politicanti lucchesi la pace mondiale regni sovrana. Ma la pace non c’era e di certo non c’è ancora, e potranno reinventarsi pacifisti(pro Siria, pro Libia ecc…)per il resto della loro esistenza ma la città tutta si ricorderà che quando i padroni del mondo, le menti delle stragi internazionali, i più pericolosi e veri terroristi del globo, sono stati qua, loro, come i loro partiti a livello nazionale, non hanno mosso un dito. Le bandiere della pace del PD e gli “aiutiamoli a casa loro” della Lega, si fermano in queste occasioni, la loro maschera da umani statisti è cascata e si è rotta da tempo, e la continuità sempre più evidente tra questo governo e il precedente, fatta di stragi in mare e manganelli nelle piazze, ne è l’ennesimo esempio.

La pace, se così vogliamo chiamare la cappa repressiva che la classe dominante vorrebbe imporci per mandare avanti sporchi affari, sfruttamento e guerre nel completo silenzio, non c’è stata neanche il 10 Aprile a Lucca. Dopo una due giorni di confronto sui temi dei conflitti globali e delle migrazioni, un corteo determinato si è snodato per la città. La questura aveva vietato arbitrariamente l’accesso al centro storico, un’impensabile e assurda zona rossa è stata calata dal Ministero degli interni su Lucca, per permettere ai signori della guerra di fare la loro passerella e alla fine della giornata concordare con il segretario di Stato statunitense che le guerre vanno bene dove sono e che si continui a fare gli interessi di questa piccola parte del globo avida di risorse e controllo geopolitico. Ma il corteo si è comunque mosso verso una porta della cinta muraria lucchese non arrendendosi agli assurdi blocchi imposti, in un città che i dirigenti di polizia credevano mansueta e facilmente controllabile. Da lì poi è stato caricato per centinaia di metri, il reparto mobile della polizia di stato ha spaccato teste ma non la determinazione di chi comunque si è ricomposto ed è tornato in corteo verso la città, bloccando il traffico per ore ed esigendo la poi avvenuta liberazione dei compagni fermati.

Ad oggi quel pezzetto di storia rappresenta comunque un momento prezioso e inedito di riappropriazione e di determinazione di una generazione che non ha lasciato correre e ha ribadito che le guerre le decidono altri – i capi di governo come i lobbisti di armi, petrolio e risorse – ma le vittime ci appartengono, come classe sociale. Ma lungi da rimanere vittime, hanno dimostrato che qui come altrove sempre rimane la determinazione nel volere combattere l’ingiustizia di questo sistema di sfruttamento e di morte, che non ci appartiene ma anzi ci è estraneo nella sua prepotenza e violenza.

Le cartacce della questura le porterà via il vento, come le assurde denunce che sanciscono come la giustizia italiana condanni arbitrariamente qualsiasi manifestazione di dissenso. Come ha ben sottolineato uno degli avvocati della difesa dei 37 compagni, la prassi odierna è andata ben oltre quanto il legislatore del Tulps(legge di pubblica sicurezza) nel 1931(in pieno regime fascista) aveva previsto. Se allora si prevedevano delle tutele(!) al manifestante ad oggi pare che queste tutele siano progressivamente sparite. Alla faccia dello stato democratico, la giustizia italiana si dimostra autoritaria, non una sorpresa ma una conferma che i regimi a cui i manifestanti del G7 si sono ribellati sono una realtà oppressiva e da debellare nel Medio Oriente, in Africa, nel nostro territorio e ovunque. Come ribadiva uno degli slogan della manifestazione: le vostre guerre, la nostra resistenza. A ben vedere molto più di lettere su uno striscione ma un monito a chi vorrebbe continuare il proprio arricchimento sulle spalle di molti, che potremmo tradurre in un più efficace e sintetico: a sarà dura!

Lascia un commento

commenti

Shares