Per la procura di Torino combattere l’Isis è “socialmente pericoloso”?

Succedono cose strane, in questo inizio di 2019. Succede che dopo anni e anni in cui siamo stati martellati da politici e giornalisti sul rischio che anche in Italia si verificassero attentati jihadisti (a dire il vero, l’unico attentato terroristico verificatosi finora è accaduto a Macerata ad opera del fascio-leghista Luca Traini; ma questa è un’altra storia, in cui le vittime non sono europei bianchi, quindi si può sorvolare giusto?), in cui abbiamo accettato di vedere limitate le nostre libertà politiche e la presenza di sempre più militari e forze dell’ordine nelle strade per ragioni di “sicurezza”, la procura di Torino chiede che venga comminata la misura della sorveglianza speciale per terrorismo a 5 compagni accusati di… aver combattuto contro l’Isis!

La colpa di questi 5 compagni torinesi sarebbe infatti quella di essersi arruolati come volontari nelle Ypg (Unità di protezione del popolo) e nelle Ypj (Unità di protezione delle donne) ossia nelle forze combattenti che hanno pagato il tributo di sangue maggiore affinché quella che sembrava una minaccia mondiale vedesse sgretolarsi le sue ambizioni statuali e finisse confinata dove è oggi, ovvero in pochi lembi di deserto siriano. Oppure, anche senza aver direttamente combattuto in queste formazioni, nell’averne documentato e sostenuto le attività, nell’aver fatto conoscere la rivoluzione delle comuni, il tentativo di costruire un altro modello di società che è andato avanti in questi anni in Siria del Nord nonostante questa guerra.

La sorveglianza speciale, come hanno spiegato bene i Wu Ming in un loro articolo, è una misura restrittiva delle libertà personali che viene comminata in assenza di reati contestati, ma sulla base di valutazioni puramente indiziarie sulle frequentazioni e lo stile di vita dei “sorvegliandi”. Si tratta dunque di una misura che ha ben poco a che fare con quella (almeno formale) imparzialità della giustizia propria di uno stato di diritto, e molto invece con quel “diritto di polizia” tipico delle dittature:

“Al sorvegliato speciale di norma vengono ritirati il passaporto e la patente di guida, è revocata qualunque licenza o iscrizione ad albo professionale, e se ne colpisce lo stile di vita tramite un intrico di obblighi – come quello di presentarsi alle autorità di sorveglianza nei giorni stabiliti e ogni qualvolta venga richiesto – e divieti, come quello di incontrare più di tre persone alla volta (cioè non partecipare a riunioni, conferenze, presentazioni di libri, manifestazioni), di frequentare persone che abbiano subito condanne (ad esempio, per aver occupato un centro sociale), di restare fuori casa dopo una certa ora ecc.”

Succedono cose tristi, nel 2019. Dice bene Davide Grasso (uno dei 5 compagni vittima del provvedimento) “l’Occidente non conosce più vergogna”. E nemmeno il senso del ridicolo aggiungiamo noi. Ma non possiamo fermarci alla constatazione di ciò. Il prossimo 23 gennaio a Torino si terrà l’udienza che dovrà convalidare o rigettare la richiesta di queste infami misure. Prima di quella data (e anche oltre se necessario), è necessario prendere parola con rabbia e sdegno, in ogni forma e in ogni contesto possibile in appoggio ai 5 compagni, farne un’occasione per difendere l’onore di tutti i martiri delle Ypg e delle Ypj caduti nella guerra contro l’Isis, far conoscere il loro sacrificio e che cos’è l’esperimento rivoluzionario attualmente in corso nella Siria del Nord.

Il 12 gennaio è stata indicata come data di mobilitazione e/o di azione comunicativa in ogni territorio contro la richiesta di sorveglianza speciale. Per questo rilanciamo l’invito a tutte le realtà antifasciste e anticapitaliste lucchesi a manifestare la loro solidarietà a Jacopo Bindi, a Davide Grasso, a Fabrizio “Jack”, a Maria “Eddi”, ad “Azadi” Pachino, alle Ypg e alle Ypj tutte, con striscioni, volantinaggi o ogni altra azione comunicativa a loro scelta.

Perché se oggi la follia di qualche magistrato pensa di potersi permettere tali vette di impudenza, è anche perché sulle parti in causa della guerra in Siria e sulla rivoluzione del Rojava non c’è un’informazione sufficiente e qualitativamente adeguata nel nostro paese; salvo poche voci attente e indipendenti, alcune delle quali sono proprio quelle che queste misure vanno a colpire. Anche sull’informazione e sulla diffusione di posizioni critiche e indipendenti (che oggi, piaccia o no, vede i social network come uno dei terreni più importanti; non è un caso che il lavoro di informazione dei 5 compagni sia stato colpito duramente anche qua, tramite censura e cancellazione dei profili facebook di alcuni di loro) si gioca una partita decisiva di cui dobbiamo essere attori consapevoli e partigiani.

A chi volesse conoscere meglio che cosa è successo in questi anni nella Siria del Nord, suggeriamo in particolare di leggere i due libri di Davide Grasso usciti negli ultimi due anni (Hevalen. Perché sono andato a combattere l’Isis in Siria, Alegre 2017 – qui una recensione – e Il fiore del deserto. La rivoluzione delle donne e delle comuni tra l’Iraq e la Siria del nord, Agenzia X 2018), il reportage di Tommaso Baldo #Kobane, la rivoluzione oltre il mito e l’E-book di Infoaut Donne, etica e rivoluzione. Intervista alle compagne del Rojava.

Uno di questi libri, Hevalen, figura nelle carte delle procura di Torino come materia a sostegno della richiesta di sorveglianza speciale per l’autore. Benvenuti nell’Inquisizione del XXI secolo. Le misure poliziesche di cui stiamo parlando infatti ci riguardano da vicino come redazione anche perché avevamo invitato l’autore a presentare proprio questo libro a Lucca: per conoscere e discutere insieme l’esperienza di cui è testimone, perché ciò che accade in quel pezzo di mondo riguarda profondamente anche chi in Italia e in Europa, desidera e vuole lottare per un altro tipo di mondo. Secondo la procura di Torino questo incontro, come mille altri che Davide avrebbe continuato instancabilmente a fare in giro per l’Italia nei prossimi mesi, non s’ha da fare. Perché effettivamente, lo riconosciamo, nell’Italia di oggi presentare un libro che racconta di come si decide di mettere a rischio la propria vita perché “le lotte per la giustizia e la libertà rimarranno giuste e necessarie fino a quando una sola donna o un solo uomo saranno oppressi su questa terra” è passabile di istigazione ad essere socialmente pericolosi per l’ordine e la stabilità della società iniqua, razzista e classista in cui ci troviamo.

Affinché simili momenti di “istigazione” possano continuare a svolgersi, e per potere incontrare liberamente Davide a Lucca senza il permesso di qualche magistrato paranoico e frustrato, rilanciamo l’invito per sabato 12 gennaio a manifestare l’opposizione alle misure di sorveglianza speciale e la solidarietà più larga possibile ai 5 compagni vittime della repressione.

Onore a tutti i volontari e le volontarie internazionali, onore alle Ypg e alle Ypj!

 

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Di seguito riportiamo un documento collettivo scritto dai 5 compagni fatto uscire in questi giorni: 

 

“Siamo cinque italian* di Torino che sono stat* in Siria per contrapporsi all’Isis e al jihadismo e difendere le popolazioni della Siria del nord, impegnate da anni in conquiste sociali e di genere ottenute grazie al movimento confederale del Rojava, di cui le Ypj-Ypg curde (in cui alcuni di noi hanno combattuto) sono la principale forza di autodifesa. Chiariamo subito che non siamo eroi e non vogliamo essere considerati tali. Siamo persone come tutti gli altri, che hanno fatto una scelta in nome del principio per cui nessuno deve vedere limitata la propria libertà in base al sesso, alla razza, al credo religioso o allo stile di vita. Questi sono i valori che movimenti come l’Isis calpestano ogni giorno in Siria e in Iraq. La volontà di negare questi valori ha portato Daesh ad attaccare più volte i civili in Europa. Noi crediamo, invece, all’opposto, nel rifiuto del patriarcato, della devastazione del territorio e dello sfruttamento capitalista, così come nell’affermazione dell’autonomia delle donne, di una mentalità ecologica e della necessità di una condivisione delle ricchezze sociali.

A causa della nostra partecipazione alla lotta contro l’Isis la procura di Torino ci ha convocati in udienza il 23 gennaio per espellerci dalla nostra città e relegarci alla sorveglianza speciale. È una misura di polizia che annulla i diritti politici e la libertà di movimento dell’individuo, senza che a quest’ultimo sia garantito il diritto a difendersi in un regolare processo. Per quanto possa apparire incredibile, la procura afferma che saremmo “socialmente pericolosi” perché abbiamo appreso l’uso delle armi, ma se questo è stato per noi necessario, lo è stato per combattere un nemico spietato che si è macchiato di genocidi, stupri ed esecuzioni di massa, oltre che di riduzione in schiavitù di migliaia di esseri umani. È assurdo pensare che noi potremmo o vorremmo usare qualsiasi competenza acquisita in quella guerra per attaccare la società, se è vero che è proprio per contribuire a rafforzare la società della Siria del nord, e per difendere le società europee degli attacchi dell’Isis, che abbiamo messo in gioco quello che potevamo.

Siamo rimasti colpiti dalla quantità di messaggi di solidarietà che abbiamo ricevuto da tutta Italia, da tutta Europa in queste poche ore. Siamo consapevoli che la scelta che abbiamo fatto trova unanime consenso tra le popolazioni europee, ma non ci saremmo aspettati un’ondata così forte e calorosa di amicizia e vicinanza, che è accompagnata in questi giorni anche dalla voglia di attivarsi. Di questo vi ringraziamo, perché la lotta contro chi intende limitare la nostra libertà durerà da qui al 23 gennaio e, se necessario, oltre. Sarà in primo luogo una battaglia contro chi intende screditare il nome e la dignità delle Ypj-Ypg, offendendo la memoria delle cadute e dei caduti di Kobane, Raqqa, Manbij, Afrin, Deir El Zor. In molti ci chiedono cosa è possibile fare per sostenere questa causa, che è anche la causa delle combattenti e dei combattenti italiani impegnati in questo momento nelle Ypj-Ypg, così come degli amici sardi assurdamente inquisiti per terrorismo per aver fatto parte di questa forza o averla sostenuta.

Giovedì prossimo 10 gennaio alle ore 19.00 si terrà a Torino un’assemblea pubblica presso lo Spazio popolare Neruda, alla quale invitiamo tutta la città e le/i solidali. Il 23 gennaio, in occasione dell’udienza, è stato convocato in rete un presidio di sostegno davanti al Tribunale dalle ore 9.30. Non sono che le prime iniziative fissate in calendario: nei prossimi giorni le realtà politiche solidali di Torino si incontreranno per proporre un più ampio percorso di mobilitazione. Nel frattempo ogni iniziativa di solidarietà, anche a carattere simbolico e comunicativo, ed ogni scritto o messaggio sui social, ogni pensiero, grafica o testimonianza di solidarietà saranno benvenuti. È fondamentale mantenere alta l’attenzione tanto sulla situazione a Manbij e nella Federazione della Siria del nord quanto sul goffo tentativo di criminalizzazione di Torino.

La lotta delle Ypj-Ypg, la lotta delle Forze siriane democratiche, la lotta degli internazionalisti di tutto il mondo non è socialmente pericolosa: è giusta ed è necessaria.

Le lotte per la giustizia e la libertà rimarranno giuste e necessarie fino a quando una sola donna o un solo uomo saranno oppressi su questa terra.”

 

Jacopo Bindi

Davide Grasso

Fabrizio “Jack”

Maria “Eddi”

“Azadi” Pachino

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