Il mondo dell’accoglienza durante il lockdown. Intervista a due operatori sociali (2)

Di seguito la seconda intervista della nostra mini-inchiesta sul mondo dell’accoglienza e dell’emergenza abitativa durante il lockdown. (qui la prima). 

 

1)Che lavoro fai e di cosa ti occupi?

Sono un’operatrice sociale.

 

2)Prima di parlare della situazione attuale, vorremmo soffermarci su un aspetto molto importante. I decreti Salvini. Cosa hanno cambiato nei fatti questi decreti? Sappiamo che con questi decreti molte persone sono state escluse dai programmi di accoglienza. Cosa sai dirci della situazione lucchese? Questa diminuzione drastica della già precaria assistenza per soggetti in condizioni particolari, che effetto pensi che abbia avuto sulla situazione attuale? Sono aumentati i rischi per coloro che sarebbero dovuti rientrare nel programma di assistenza e che allo stato attuale sono stati estromessi da esso?

Partiamo dal discorso della situazione lucchese. Io ne so tanto di quanto sia cambiato tutto l’ambito dell’accoglienza con il DL Salvini perché nella mia associazione la testa di punta di tutto il progetto sulla marginalità era il progetto dedicato ai richiedenti asilo, perché solo quel progetto negli anni passati prevedeva 4 o 5 strutture. Poi piano piano queste strutture sono state chiuse proprio a seguito delle politiche di Salvini, dei DL e dei nuovi bandi prefettizi, che rendevano praticamente impossibile il lavoro di accoglienza per chi, come la mia associazione, faceva un’accoglienza diffusa. Quindi si parla di strutture piccole, nella nostre si andava dalle 5 persone, poi 6, fino alle 14 della più grande ma con i DL Salvini ci sono stati il cambiamento dei permessi di soggiorno e il cambiamento sulle rette, quindi a livello di finanziamento, la diminuzione dei soldi è stata importante. Capisci bene che mantenere una struttura piccola con poche persone dentro sia più difficile che averne una grande. Se cali i famigerati 35 euro giornalieri previsti a soggetto, che facevano sì che si avesse la possibilità di dare agli ospiti i bonus spesa, perché loro appunto ci andavano a comprare il cibo, ci pagavi le bollette, gli affitti estremamente esosi, perché è inutile che ti dica quanto il privato si sia arricchito con gli affitti per le associazioni per far sì che i propri appartamenti venissero occupati da persone straniere. Poi c’era da ricavarci lo stipendio degli operatori, le macchine, i servizi, quindi questo ha fatto sì che ci sia stato questo crollo. Inoltre la decisione di abbandonare, non solo nella mia associazione ma anche in altre, è stata abbastanza etica, perché noi eravamo abituati a fare un certo tipo di accoglienza, dalle cose più stupide a quelle più importanti, come avere la possibilità di pagare le rette per pagare ai ragazzi le scuole di italiano, avere tutta l’assistenza sanitaria, cioè dalle cose minime alle cose più grandi però faceva sì che tu potessi offrire un’accoglienza decente ed umana. Con i DL Salvini tutto questo è stato tolto, perché con i decreti è previsto un operatore ogni 50 persone; essere un operatore che segue 50 persone anche se lavori full time 38 ore settimanali, capisci bene che è niente, non è più prevista l’iscrizione a scuola e quindi praticamente adesso i centri di accoglienza sono dei meri contenitori di persone che vengono messe lì, inserite, e lì lasciate in attesa della decisione della commissione per definire il permesso di soggiorno e basta. Quindi noi eravamo veramente abituati a dare tutto un altro tipo di servizio ai ragazzi, che adesso non è più previsto.

Per quanto riguarda i permessi di soggiorno, e poi mi collego ai cambiamenti che ho visto nel mio lavoro, adesso è stata tolta la possibilità di accedere dopo i CAS agli SPRAR, che adesso sono diventati SIPROIMI, perché è stato tolto il permesso di soggiorno umanitario, è stato inserito il permesso di soggiorno per protezione speciale, che è una fuffa, quindi i soggetti che a seguito della commissione ricevono questo tipo di soggiorno, non possono accedere a nessun altra struttura, non possono stare all’interno dei CAS, devono essere sbattuti fuori dai servizi, quindi diventano delle persone che tu ritrovi a chiedere l’elemosina davanti al supermercato e che probabilmente dormono negli scantinati dei negozi di lusso di Lucca, come si è visto la scorsa settimana. Oltretutto questo nuovo percorso ideato da Salvini non è modificabile, vuol dire che: mentre un tempo le persone che non ricevevano la protezione internazionale avevano la possibilità di regolarizzarsi sul territorio iniziando ad esempio a lavorare e convertendo i loro permessi di soggiorno in permessi di soggiorno lavorativi, adesso non è più possibile farlo. Quindi si va incontro ad una massa di clandestini, perché il permesso di soggiorno per protezione speciale prevede che ogni anno tu debba ritornare davanti alla commissione; fino a che quest’ultima ti rinnova quel tipo di permesso di soggiorno che non ti permette di fare niente, neanche di avere un medico di famiglia e di essere iscritto al SSN, tu puoi rimanere sul territorio, a fare cosa non si sa. Quando la commissione smette però di rinnovarti questo permesso di soggiorno devi riessere rimpatriato.

Quindi nel SIPROIMI, che poi è il vecchio SPRAR, ci accedono le persone che hanno avuto i cinque anni per protezione, cioè che hanno lo status di rifugiati, ci accedono i minori fino a quando non raggiungono la maggiore età, ci accedono le persone che ottengono la sussidiaria che è, comunque sia, una posizione internazionale molto importante, che prevede documenti e permessi di soggiorno, anche lì, a cinque anni. Tutta l’altra fetta di persone che arrivano, che è la maggioranza, ovvero le tantissime persone che provenienti dall’Africa, che non scappano, non come i siriani che arrivano e sono chiaramente dei rifugiati, un tempo gli veniva data una chance di vita nel nostro Paese, e ora non gli si dà più, assolutamente più.

So un po’ di quello che riguarda le vittime di tratta. Diciamo che fino agli anni precedenti arrivavano persone che veramente scappavano da sfruttamenti importanti, persone che erano motivate nell’ambito del percorso di protezione sociale. Ci sono stati degli anni, come il 2017, dove molte persone hanno fatto denuncia, quindi vuol dire che, insomma, se la polizia ha fatto consegnare delle denunce le storie raccontate erano veramente importanti. Il fatto è che molte delle ragazze, specialmente nigeriane, si prostituivano, però erano ospiti all’interno dei CAS, e adesso non ci possono stare più perché questi sono stati chiusi e sono state sbattute fuori. Ci sono state anche persone che non erano proprio motivate ad entrare in un percorso di protezione sociale, che comunque è un percorso molto duro per chi lo fa specie nella fase iniziale. Però se si è motivati a farlo lo fai, se invece sei spinta ad entrare nel programma di protezione perché hai bisogno di un tetto sopra la testa diventa difficile. Infatti non è raro che alcune ragazze entrino nel regime di protezione e poi, dopo un tot di giorni, preferiscano ributtarsi nel marasma della strada.

Per quanto riguarda i cambiamenti qui nella lucchesia. Qui in lucchesia è cambiato tutto l’assetto della maggior parte delle associazioni che un tempo lavoravano per i CAS e adesso non ci lavorano più. Chi è riuscito a convertire alcune strutture in SPRAR, come è riuscita a fare un’altra associazione in qualche caso, continua a lavorare. Il problema è che chi ha mantenuto i CAS nella lucchesia sono stati i casi un pochino più vergognosi, che anche negli anni passati hanno fatto parlare molto di sé. Perché sono rimasti aperti dei centri che per l’appunto non erano appoggiati da associazioni ma erano riferite al privato, quindi ti parlo degli alberghi e degli agriturismi, ad esempio della Garfagnana, dove non hanno fatto sicuramente un ragionamento etico come può esser stato fatto da altri. Anche loro hanno diminuito i costi, mettono i ragazzi in loro strutture quindi non devono pagare l’affitto e li tengono.

D: E magari non gli fanno corsi di lingua, non gli fanno assistenza di nessun genere…

No.

 

3)Come siete organizzati in questa fase di lockdown e di isolamento? Credi che siano stati forniti, a voi che ci lavorate e ai migranti, i DPI e tutte le risorse necessarie per far fronte a questa pandemia? Dovete seguire protocolli particolari? Se sì, ritieni siano ben studiati e attuabili?

4)Nel tuo ambito lavorativo, ci sono persone positive al covid19? Che procedura dovete seguire in queste circostanze? Pensi sia una buona politica di gestione? Oppure pensi che sia inadeguata, insufficiente, pericolosa, ecc.?

Ti faccio un discorso organico ed unico che poi sfocia alla domanda 4.

Allora la mia associazione, devo essere sincera, si è comportata abbastanza bene, nel senso che quando è scoppiato tutto questo marasma, te devi capire che il terzo settore che lavora nel sociale, come facciamo noi, è sempre l’ultima ruota del carro che viene presa in considerazione, nonostante si ritrovi a gestire situazioni veramente complesse che si trovano a gestire tipo la convivenza no? Allora inizialmente i primi giorni del lockdown sono stati devastanti per me, io me li ricordo: un incubo. Non si sapeva niente di quello che dovevano fare per la tutela degli ospiti, perché non è che non lo sapeva la mia associazione, non lo sapeva il terzo settore, non lo sapeva neanche il pubblico. Noi chiamavamo ad esempio per le strutture che ho in convenzione con il Comune, anche gli enti pubblici non sapevano come risponderci, è stata un’ emergenza, è stata una cosa talmente sconvolgente che non avevamo gli strumenti, nessuno capiva che dovevamo fare. L’unica cosa che è stata immediatamente fatta dalla mia associazione, e questo ha comportato che io mi dovessi attaccare al telefono con ogni ente con cui io lavoro in rete, è stata la chiusura delle strutture. Questo significa che il 9 ha parlato Conte, c’è stata sta cosa del lockdown, io il 10 mattina alle 9 sono entrata a lavoro e la mia responsabile mi ha telefonato dicendomi “d’ora in avanti le strutture sono chiuse, non entra più nessuno di nuovo, non esce più nessuno dei nostri ospiti” e così è ancora adesso ad esempio per l’anti tratta. Le ragazze che io avevo a marzo le ho tutt’ora in struttura, quindi i loro tempi di permanenza nell’emergenza si sono allungati per quasi più di un mese, però così è, però almeno abbiamo fatto sì che nella parte iniziale dell’emergenza venissero tutelate le persone che io avevo già in struttura, rispetto ai soggetti esterni che potevano arrivare ed essere contagiate, e portare il contagio all’interno della struttura. Questa è stata la prima cosa che è stata decisa. Io figurati che avevo anche proprio degli ingressi previsti che sono saltati. Ti dovessi dire queste persone che dovevano venire da me dove siano andate a finire ti direi una bugia, non lo so, però così è stato. Successivamente abbiamo incominciato ad avere dall’amministrazione tutta una serie di disposizioni che non arrivavano dalla mia associazione ma che arrivavano dal terzo settore, e questo la dice lunga sul perché in alcune strutture, come nelle RSA del nord sono morti come delle mosche. Per quanto riguarda gli ospiti si prevedeva la chiusura, ma per quanto riguarda gli operatori non c’era la stessa tutela, ovvero, io ho ricevuto proprio nero su bianco un foglio in cui si diceva che cosa fare nel caso in cui una persona fosse contagiata da covid all’interno della struttura. Intanto bisognava garantire la quarantena, cioè la persona positiva all’interno della nostra struttura doveva avere una stanza privata e un bagno privato, cosa che noi non avevamo, in più gli operatori che c’erano entranti in contatto non potevano smettere di lavorare, dovevano continuare a lavorare a meno che non tirassero fuori dei sintomi importanti, come crisi respiratorie e febbre. In tutti gli altri casi anche se io avessi preso il covid e fossi stata asintomatica, io sarei dovuta continuare ad andare a lavorare, misurandomi la febbre 3 volte il giorno e scrivendo sul registro la mia temperatura, però anche se magari non avevo la febbre e non il covid ed entravo ed uscivo in strutture con minori e donne in cinte, io me lo sarei portato dietro senza la possibilità di entrare in malattia.

D: Non era previsto che voi faceste tamponi o visite, niente? Zero, soltanto la temperatura?

Esatto, questo è il regolamento per tutto il settore socio-sanitario. Quindi vuol dire che questa regola qua vale per me che faccio l’operatrice sociale, ma anche per un nostro sanitario dentro le strutture sanitarie, uguale. Capisci bene perché c’è stato tutto sto bordello, di casi fra infermieri, fra dottori, fra tutti, perché erano costretti a continuare il lavoro. Però che è successo che chiaramente è entrata la fase della sicurezza sul lavoro, sono arrivati gli ingegneri della sicurezza sul lavoro che ci hanno inondato di DPI e per questo sono contenta, mi sono arrivate ogni settimana più di 100/150 mascherine da utilizzare quando sono a lavoro per tutto il tempo, io come tutti gli altri miei colleghi, e per i nostri ospiti tutte le volte che vengono accompagnati fuori dalla struttura. Tipo io sono massacrata da accompagnamenti sanitari, per coloro che accompagno sono sempre stati garantiti guanti e mascherine, sempre. Adesso è venuto fuori, è una notizia che ho avuto ieri, che mi devo anche provare la febbre prima di arrivare in struttura, perché se avessi la febbre sopra il 37.5 non posso più accedere al lavoro, quindi ora è cambiata questa cosa della tutela del lavoratore e anche dell’ospite. Comunque anche il lavoratore può essere fonte di COVID.

Nelle strutture, nella fase iniziale di chiusura, non è stato facile la gestione degli ospiti, specie per gli ex richiedenti asilo vulnerabili che continuavano ad uscire dalla struttura.  Per questo il Comune ha richiesto che fosse fatto un test sierologico agli operatori e ai servizi civili che operano in questo settore. Fortunatamente gli operatori sono tutti puliti, nessuno ha anticorpi COVID quindi nessuno ha mai preso il virus. La cosa che rassicura è questa, è che il comune di Lucca, quando ha deciso di fare test sierologici a tutti, ha anche precisato che se fossero stati trovati dei positivi, per la tutela delle persone che sono in convivenza, avrebbe predisposto un albergo dove inserire i soggetti che devono fare le quarantene, le quarantene proprio quelle serie, E con quello che ti ho detto adesso diciamo che ti rispondo anche alla domanda 4…

D: ma quindi diciamo sono cambiate un pochino le cose dall’inizio, anche sui dispositivi, sui disciplinari da seguire insomma in qualche modo no? Quindi ora pensi che siano comunque sia tutti attuabili e ben studiati?

Diciamo che mi rendo conto che si sta cercando di fare il possibile,  nonostante sia in un contesto dove, in linea generale, non va bene come è stato affrontato questo problema. Perché noi ce lo siamo sempre detti, noi siamo fortunati perché viviamo a Lucca, dove i casi, bene o male, sono sempre stati limitati o che la gestione COVID è stata talmente incasinata che se noi fossimo stati a Bergamo io non ti direi quello che ti ho detto adesso. Ti direi “No guarda, ci siamo infettati tutti”. Saremmo infettati noi, sarebbe stato tutto un altro parlare. Essendo in un territorio dove il COVID è arrivato, sì, ma insomma un po’ meno rispetto ad altre parti, questo ha fatto sì che, adesso che sono arrivati i DPI , tutte le cose da seguire, le distanze, alcool, l’igiene giornaliera all’interno delle strutture, adesso ce l’abbiamo, adesso sì.

 

5)Cosa sai di altre realtà che si occupano di accoglienza nella Provincia di Lucca? Ci sono situazioni ad alto rischio, palesemente mal gestite, probabilmente dovute al possibile sfruttamento delle risorse economiche che gravano attorno a questo “settore” o qualsiasi altra situazione negativa o anche un sistema generale ormai al collasso oppure marcito?

Non so dirti niente di preciso.

 

6)C’è da immaginare che la convivenza forzata h24 nelle strutture adibite per i Cas (così come per gli sprar ma altresì in ogni condizione di coabitazione tra più persone) possa dar luogo a situazioni delicate. Come affrontate questa possibile emergenza? È previsto un sostegno psicologico (qualificato)?

Allora noi abbiamo una grande fortuna. Negli scorsi anni grazie al progetto sprint le associazioni che ospitavano richiedenti asilo sono entrate in contatto con psicologi con conoscenze etnopsichiatriche che lavoravano con mediatori culturali. Su Lucca c’è una dottoressa, una psicologa, che è estremamente qualificata in questo. Molte delle persone ospiti delle nostre strutture hanno ricevuto un sostegno da lei e nel corso di questi mesi e da quando è scoppiato il COVID i colloqui sono stati fatti anche  tramite Skype. Capisci bene che da quando è scoppiato il COVID questa povera disgraziata non parla d’altro. Comunque è veramente, secondo me, uno strumento molto importante. Considera che alcune persone di colore pensano che il COVID non li possa toccare, è una questione di bianchi, è una malattia dei bianchi, e questo lo dicono a livello nazionale. Quindi avere un confronto con la dottoressa che spiega è importante. A questa dottoressa hanno sempre dato retta. Insomma è stata importante, veramente una buona risorsa in questo periodo. Invece per le strutture comunali, nessun sostegno psicologico è stato previsto, nessuno.

D: Immaginiamo. Quindi c’è qualcosa di buono in un certo ambito ma in generale è scarso come sostegno. La dottoressa è quasi sola e a gestire tutto, insieme a mediatrici eccetera, ma magari se fossero 2 o 3 sarebbe un po’ meglio.

I soggetti che sono seguiti dalla psichiatria nel contesto COVID non sono stati praticamente considerati.

 

7)Come vengono gestiti i rimpatri durante questi mesi di emergenza? Dalle misure prese ne risultano problematiche?

Ecco sui rimpatri io ti posso dire molto poco.

D: Perché è gente che è lasciata completamente al nulla?

Sì, cioè io non ti so dire granché. Non so molto di quante persone siano state rimandate a casa da questo cazzo di decreto Salvini ma io credo che le percentuali siano davvero minime, quindi le persone che poi devono essere rimpatriate ora come ora si ritrovano a vivere nei CARA, nei centri che poi dovrebbero predisporre il rimpatrio, per un quantitativo di tempo infinito, quindi di base si tengono in queste sorte di galere, ammassati. Però fare rimpatri è estremamente difficile, partiamo da questo presupposto. Lavorare con le ambasciate africane è estremamente difficile, anche per il governo italiano, non ci sono patti bilaterali quindi se te vuoi rispedire un nigeriano in Nigeria, questa ti dice: Perché è nigeriano? C’ha il permesso di soggiorno nigeriano? C’ha scritto nigeriano qui? No, allora io non lo riprendo. Quindi di base sono mantenuti in questo limbo, in pochi poi vengono rispediti a casa.

D: a meno che poi ci sia qualcosa, difficile da sapere con certezza, per cui non vengono rispediti a casa ma semplicemente fuori, tipo in Libia…

…sì,sì. Una cosa che ti posso dire che però non c’entra niente con i rimpatri, è che prima del COVID c’è stato un momento di grande spostamento europeo. Moltissime persone che erano magari arrivate in altri paesi, specialmente in Germania, scappando dall’Italia. Però, avendo fatto la richiesta di asilo qua, dall’inizio dell’anno in tantissimi sono stati respinti e rispediti in Italia perché per Dublino devono rimanere nel paese in cui hanno fatto la richiesta di asilo.

 

8)Pensi che la gestione di questa emergenza sanitaria, a livello nazionale, sia stata la migliore possibile o credi che qualcosa debba essere cambiato? (se non quasi tutto)

Io a volte sto lì e dico: va be’, e stata una cosa talmente enorme che evidentemente… Cioè nessuno si poteva aspettare di essere davvero di fronte a quello che stava succedendo. Però gli errori che sono stati fatti dall’inizio, dal primo caso COVID, sono quelli che hanno portato ad avere 25.000 morti.

D: quindi il mantenimento delle fabbriche aperte, le cose fatte male, il non capire niente di dove si debba andare, come e cosa fare…

Voglio dire, no, per carità, io l’unica scusante che posso riscontrare è la quantità, cioè numeri talmente imponenti che a un certo punto hanno mandato tutto il sistema nel caos. Però cazzo. Io mi ricordo, quando ho iniziato a fare questo lavoro, era il momento in cui era riscoppiata la TBC. Non so se ti ricordi. C’è stato un momento in cui i richiedenti asilo arrivavano malati di tubercolosi, tanti. Non so se ti ricordi la Croce Rossa, la gente non voleva fare il mercato accanto alle tende della CR perché dicevano che prendevano la TBC. Allora, quando c’erano i casi di TBC, che io ho visto, partiva un sistema sanitario imponente perché dovevi denunciare il caso, ti chiamavano, dovevano fare tutti gli accertamenti, dovevano avere i nomi delle persone che erano state per più di otto ore nella stessa stanza con la persona a cui era stata riscontrata la TBC. Ai soggetti e agli operatori, in alcuni casi molto gravi, è stata fatta anche la profilassi. Quindi c’è stato un tamponamento molto grosso, no?! Con il COVID non è stato fatto niente di tutto questo, agli inizi, niente. Probabilmente anche adesso. Perché se io ho il COVID magari mi chiedono di fare la lista delle persone con le quali sono stata in contatto nelle ultime settimane. Quelle persone con cui sono entrata in contatto non vengono assolutamente esaminate, quindi possono liberamente andare in giro e continuare a portarsi dietro il COVID e portarlo ai supermercati, alle farmacie, ecc ecc. All’inizio questa cosa è stata devastante. E poi ci sono gli ambiti lavorativi che all’inizio, quando si è deciso di chiudere anche a livello lavorativo, ormai era troppo tardi. Ormai era decisamente troppo tardi. Adesso riapriranno, perché comunque sia non si può morire neanche di fame, io lo capisco che… però sono molto curiosa di veder come andrà questa fase 2. Una persona che conosco la prossima settimana (ultima settimana di Aprile, ndr) ricomincerà a lavorare, in azienda come consulente con qualche settimana di ritardo. Doveva ricominciare a lavorare prima di Pasqua. Però lì è già arrivato il plico COVID, con l’uso delle mascherine in azienda, l’ambiente viene igienizzato interamente due volte la settimana, oltre che una pulizia quotidiana. Parlano quindi di mantenere le distanze, le robe… Sono molto curiosa di vedere come andrà.

D: purtroppo pare che la necessità di ritornare a lavorare, ovvia e giustificata per chi altrimenti non avrebbe nient’altro, sembra essere, in realtà, il modo per perpetrare l’accumulo di ricchezze di qualcun altro, tipo Confindustria (il rischio di contagio sembra non essere tra gli aspetti importanti per questi figuri).

No, no, certo. Rispetto al tornare a lavorare a me è successo di parlare con persone che conosco che, se non loro stesse anche loro conoscenti, in queste settimane si sono viste arrivare lettere di licenziamento.

La situazione è drammatica.

 

9)Per quando l’emergenza sanitaria potrà dichiararsi terminata, come credi che sarà gestito il sistema dell’accoglienza? Ti aspetti (tu ed eventualmente i tuoi colleghi) che la situazione possa migliorare o l’aria che tira fa presumere che ci saranno ulteriori smantellamenti e diminuzione di diritti sull’accoglienza?

Allora, il futuro è questo. Io ho poca speranza nel futuro. Nel senso che, io penso che nessuno modificherà i decreti Salvini ancora per tantissimo tempo. Tantissimo. Perché fa comodo a tutti (politici, istituzioni e aziende) che Salvini abbia fatto questi decreti. Anche il governo attuale, passata questa emergenza, non credo che modificherà i decreti. Io ti direi che rispetto all’accoglienza si rimarrà esattamente come siamo adesso.

Per quanto riguarda gli arrivi, perché quella è un’altra questione, la diminuzione drastica, del 90%, degli arrivi in Italia, non è tanto da rivedere nei decreti Salvini quanto già in precedenza con Minniti. Il fatto che non arrivino le persone o che quelle che arrivano, arrivano con la barchetta a Lampedusa con 20 persone perché ce l’hanno fatta. Sbarchi di cui non viene data notizia ma continuano ad arrivare le persone. Però i numero sono molto bassi. Poi mi chiedo come le persone che abbiamo adesso in assistenza usciranno dai centri, io non so se ci sarà un ricambio, perché i numeri sono molto bassi. Quindi ci sta che altre realtà saranno costrette a modificare l’accoglienza non trattando più migranti. Questa è una cosa che mi immagino. L’impatto della diminuzione degli arrivi è molto grande.

L’idea è che, forse, non essendoci più migranti che necessitano di accoglienza allora cambieranno le leggi perché non servirà più legiferare in merito.

Per quanto riguarda COVID e spostamenti migratori, non è da sottovalutare. Se qui scatta il messaggio che poi magari l’Italia riesce ad uscire dall’emergenza COVID ma il COVID potrebbe rientrare in Italia portato dall’immigrato africano che se lo porta dietro, sarebbe fatta. Qui è fatta. Chiudono, ci mettono la marina militare schierata a sud della Sicilia così non arriva più nessuno (ovviamente il tono è tragicomico).

 

10)L’emergenza abitativa è un problema estremamente grande in Italia e Lucca non ne è un’eccezione, solo che non sembra mai emergere pubblicamente questa problematica. Per quello che ne puoi sapere, la situazione sfratti e la conseguente problematica abitativa che proporzioni ha nella Piana di Lucca? La gestione e le risorse impiegate sono sufficienti a garantire condizioni di sussistenza adeguate per gli individui e le famiglie in condizioni di difficoltà? A Lucca ci sono più di 300 sfratti l’anno ma non se ne parla mai, oltre a tutte le persone che sono rimaste fuori dall’assistenza coi decreti Salvini…

Senti il problema di Lucca è il sommerso , cioè non ti so quantificare quante persone sono in emergenza abitativa, ma secondo me sono moltissime , però non se ne parla. Le strutture per l’emergenza abitativa sono principalmente riferite alle donne perché vengono considerate, giustamente, quelle più vulnerabili, specialmente se hanno minori a carico. Molte di loro hanno i loro compagni o mariti sul territorio ma questi non vengono inseriti in struttura. I Comuni tutelano la famiglia, la parte più vulnerabile. Poi che dirti, in quest’ultimo mese qua sempre per il COVID gli ingressi necessitano di quarantena. Questa è stata fatta grazie alla disponibilità di alcune parrocchie che hanno messo a disposizione degli spazi, in maniera che le donne e i bimbi si facessero 15 giorni prima di entrare nelle strutture e quindi nel servizio sociale. Poi quello che segue le emergenze abitative ha pochi strumenti, pochissimi per aiutare tutti i soggetti che si trovano in difficoltà, questo è lampante. Su Lucca la questione dell’emergenza abitativa la seguono svariante associazioni ma le strutture sono piccole, sono per 5/6 soggetti e vengono riempite costantemente e liberate pochissimo, quindi c’è un grande affanno. Però, se parli con il Comune, non hanno soldi o strumenti.

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