Priorità alla Scuola, intervista a due insegnanti del comitato lucchese

Pubblichiamo un’intervista a due insegnanti del comitato “Priorità alla Scuola” di Lucca, in seguito ai partecipati presidi svoltisi in città nei mesi di maggio e giugno. Da almeno trent’anni la scuola italiana è stata vittima di un processo di continuo smantellamento e impoverimento, di cui oggi paghiamo le amare conseguenze in termini di precarietà del personale docente e ATA, mancanza di infrastrutture adeguate, moderne e sicure, classi pollaio ecc. Sulla scia di tutto ciò la scuola sembra aver perso in larga parte la sua funzione educativa e formativa dell’adulto di domani, puntando solo a sfornare individui piazzabili sul mercato del lavoro. Mancanze materiali, minore motivazione da parte dei docenti precari, sottopagati e costantemente mortificati, crescente disaffezione da parte degli studenti, costantemente “misurati” ma mai istruiti in un contesto a prova di umano, la radicale trasformazione della scuola in un’azienda, fatta di tabelle di marcia, burocrazia e raccolta spasmodica di valutazioni, sono tutti fattori che hanno concorso a questo stato di cose.

Il Covid e il lockdown, con il conseguente ricorso alla Didattica a distanza, non hanno fatto altro che gettare luce su un contesto già segnato da enormi problemi, acuendo ulteriormente le disuguaglianze e i gap di apprendimenti fra gli studenti e mettendo spesso a dura prova gli insegnanti oberati non più solo dalle normali scartoffie burocratiche ma anche dagli straordinari del lavoro digitale, facendo completamente saltare qualunque idea di “orario di lavoro”. Si è inoltre reso evidente ancora una volta quanto la scuola rappresenti, appunto, l’ultima della priorità nell’agenda politica di questo paese: dopo quasi 5 mesi dallo scoppio della pandemia e ormai a ridosso del nuovo anno scolastico, non c’è traccia di alcun piano serio e debitamente finanziato di riapertura in sicurezza delle scuole da parte del governo. In questo contesto, le mobilitazioni in piazza che si sono coagulate sotto la sigla di Priorità alla scuola e che sono riuscite a unire insegnanti e genitori (e, in misura minore, studenti), rappresentano un primo importante passo per provare a rimettere l’istruzione pubblica al centro delle esigenze della nostra società, sganciandola da quelle del mercato. Il sentiero è lungo, difficile e non privo di contraddizioni, ma al momento è tutto quello che abbiamo per cominciare.

 

1)Cos’è “Priorità alla Scuola”? Come vi siete organizzati?

Priorità alla scuola è un comitato nato con un appello lanciato alla ministra dell’Istruzione Azzolina lo scorso 18 aprile per chiedere la riapertura in sicurezza delle scuole a settembre, sottoscritto da circa un migliaio di persone tra insegnanti e genitori principalmente di Firenze e poi diffuso in tutta Italia, arrivando a raccogliere oltre 87 mila sottoscrizioni.

 

2)Perché secondo voi è importante dare priorità alla scuola?

Si può ben capire dal nome del comitato che, oltre alla riapertura delle scuole, l’obiettivo è stato fin da subito quello di porre al centro del dibattito pubblico il tema della scuola pubblica, che purtroppo è stato per troppo tempo trascurato dal Governo e dall’opinione pubblica.

Inoltre, tra tutti i settori della vita economica e sociale del Paese è stato l’ultimo preso in considerazione per la ripartenza dopo l’emergenza sanitaria, peraltro con una narrativa impostata dalla Ministra e dal Governo volta ad esaltare i risultati (discutibili) della didattica a distanza e il suo mantenimento come strumento didattico principale anche nei prossimi mesi.

Il percorso ha visto lo scorso 23 maggio l’organizzazione spontanea in oltre 20 città italiane di presidi e flash mob per sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle criticità della didattica a distanza e la necessità di riaprire le scuole a settembre. La seconda giornata di mobilitazione nazionale, il 25 giugno, ha coinvolto addirittura 60 città. A Lucca, come in altre 11 città, vi è stato anche un presidio intermedio il 9 giugno. Sono seguite la lettera ai comuni con una serie di richieste specifiche per progettare la riapertura delle scuole a settembre coinvolgendo il comitato e, il 13 luglio, la consegna in 11 regioni di un documento per evidenziare le criticità delle linee guida per la riapertura delle scuole concordate da governo e giunte regionali a fine giugno.

 

3)Com’era il clima nelle scuole prima della pandemia? E adesso?

L’emergenza sanitaria, un po’ come successo con la sanità, non ha fatto altro che evidenziare ancor di più gli storici problemi della scuola pubblica, purtroppo acuiti negli ultimi decenni dai vari governi che si sono succeduti, che si sono resi protagonisti di riforme e interventi uniti da un filo conduttore: il taglio della spesa pubblica destinata alla scuola ma anche ad altri servizi pubblici essenziali come la sanità, i servizi sociali e i trasporti. Purtroppo questi tagli, di cui si sente spesso parlare, hanno comportato la riduzione di personale scolastico sia in termini di insegnanti che di collaboratori e addetti amministrativi, e quindi la riduzione della qualità della didattica ma anche dei servizi forniti dalle segreterie e dalle mense scolastiche, oltre al degrado degli edifici, delle aule e dei laboratori, la scarsa dotazione di strumenti tecnologici ma anche banalmente di materiali basilari come la carta igienica.

Se si citano alcuni numeri ci si può rendere conto di quanto tutto questo sia contraddittorio e inaccettabile per uno Stato che si dice laico ed evoluto: se ci limitiamo all’ultimo decreto Rilancio il Governo ha stanziato 1,4 miliardi  all’Istruzione, a fronte dei 13 miliardi destinati alla manutenzione degli aerei militari F-35 e, allo stesso tempo, ha incrementato da 150 a 300 milioni il finanziamento alle scuole private, col voto favorevole di quasi tutte le forze politiche presenti in parlamento, da destra a sinistra, e nonostante la Costituzione vieti espressamente questi aiuti pubblici.

 

4)Come siete stati accolti nelle scuole? Avete riscosso il medesimo successo tra insegnanti, personale ATA e studenti o no? Cosa pensate di aver fatto bene in questo frangente? In che cosa invece pensate di dover essere maggiormente incisivi?

In termini di diffusione e popolarità Priorità alla scuola ha ottenuto risultati assolutamente positivi, per non dire storici, se si pensa che forse solo l’Onda del 2008 contro la riforma Gelmini e la mobilitazione del 2015 contro la Buona scuola di Renzi, avevano messo in campo così tanti insegnanti e studenti e raccolto una tale attenzione mediatica, senza dimenticare la grande novità del coinvolgimento di genitori e famiglie nonostante l’enorme ostacolo della quarantena.

La prima mobilitazione del 23 maggio ha coinvolto circa 20 città, quella  del 25 giugno ne ha raggiunte addirittura 60.

Qui a Lucca, con la collaborazione di Cobas Scuola, USB, CNDP (Comitato Nazionale Docenti Precari), CNPS (Coordinamento Nazionale Precari Scuola) e Potere al Popolo siamo riusciti a portare in piazza nelle due date nazionali e in quella locale del 9 giugno circa un centinaio di persone per volta.

Forse poteva esserci una partecipazione maggiore di insegnanti e personale ATA, oltre che la presenza anche degli altri sindacati.

Comunque, considerando le difficoltà del periodo di uscita dal lockdown e i numeri abituali dei presidi organizzati nella nostra città, la partecipazione è stata sicuramente soddisfacente. Inoltre è stata registrata un’ottima risposta da parte dei genitori ed è stata diffusa una lettera con una serie di richieste a partire dalla cancellazione del taglio di 43 cattedre a Lucca che ha raccolto oltre 350 adesioni ed è stata inoltrata al MIUR, agli Uffici Scolastici Provinciale e Regionale, alla Giunta e al Consiglio Regionale e ai sindaci e dirigenti scolastici della provincia di Lucca.

 

5) Che cosa chiedete all’USP e al ministero?

La lettera inoltrata alle varie istituzioni chiedeva in primis la riduzione del numero degli alunni per classe, la cancellazione del taglio di 118 cattedre a livello regionale, di cui addirittura 43 solo nella nostra provincia, oltre che l’assunzione di personale docente e ATA in numero adeguato per garantire la riapertura in sicurezza delle scuole ed evitare le tanto discusse classi pollaio. Le altre richieste erano la stabilizzazione dei docenti precari con 36 mesi di servizio con concorsi per soli titoli e servizi e attingendo dalle varie graduatorie, degli Ata con 24 mesi e un piano di investimenti nell’edilizia scolastica per riqualificare gli edifici esistenti ma anche quelli dismessi ed adattare eventuali ulteriori spazi pubblici per lo svolgimento delle lezioni in presenza.

Purtroppo una delle prime notizie arrivate tra le due mobilitazioni nazionali è stata la conferma, nonostante gli annunci di congelamento da parte dell’USP, dell’USR e dell’assessore regionale all’Istruzione, del taglio delle cattedre, con la diretta conseguenza di decine di classi con oltre 30 alunni, tra cui spicca l’ipotesi di una classe di 35 alunni in una scuola superiore di Borgo a Mozzano.

Ora, con le nuove Linee Guida concordate con le Regioni e la promessa dello stanziamento di altri fondi per la scuola, tali tagli dovrebbero rientrare, ma solo in sede di organico di fatto. In ogni caso, abbiamo già assistito a vari balletti di promesse per abbassare la guardia e, soprattutto, la didattica in presenza e il rispetto delle norme sul distanziamento rendono necessario un netto incremento degli organici di docenti e Ata.

 

6)Al di là delle criticità immediate insorte a causa del COVID-19, ci sono altre situazioni critiche che vorreste veder cambiate?

Le criticità sono quelle di sempre e già evidenziate: la mancanza e la precarietà del personale scolastico e la mancanza di spazi adeguati sicuramente complicano la tanto attesa ripartenza della scuola in presenza e in sicurezza a settembre ma anche in condizioni normali queste problematiche di fondo non rendono agevoli ed adeguate la didattica e il funzionamento delle scuole in generale, oltre che le relazioni umane al loro interno.

 

7)Pensate che l’istruzione italiana faccia un buon lavoro nel formare culturalmente e criticamente i ragazzi? Quali sono le più grandi problematiche sotto questo punto di vista?

A partire dalle riforme della scuola degli anni Novanta, oltre che un peggioramento della qualità della didattica per i motivi già citati, si è verificato un fenomeno ancora più pericoloso: la svalutazione dell’importanza della scuola all’interno della società, ma soprattutto la sua aziendalizzazione. L’accorpamento delle scuole in istituti comprensivi e superiori, la trasformazione dei presidi in dirigenti scolastici, l’esternalizzazione dei servizi mensa e pulizie, la crescente precarizzazione e “burocratizzazione” dei docenti hanno avuto l’unico obiettivo di abbattere i costi e perseguire l’efficienza e l’uniformità del sistema ma non è stato considerato il fatto che la funzione principale della scuola è dedicare le risorse e il tempo necessari per educare, coltivare relazioni sane, sviluppare desideri e spirito critico e acquisire una conoscenza adeguata della realtà circostante anche per poterla trasformare. In una parola: formare persone adulte e cittadini consapevoli, responsabili e in grado di agire e di trasformare la società in cui vivono. Purtroppo questi obiettivi non sono più prioritari, e anche gli insegnanti, oltre che i genitori e gli studenti, li hanno persi di vista, trovandosi in un sistema che spinge verso la performance e la ricerca del risultato in termini di numeri, voti, diplomi e certificazioni.

 

8)Si dice spesso che gli insegnanti sono frustrati dal loro lavoro. È vero? Perché secondo voi?

L’insegnamento più che un mestiere è una vocazione: sono necessarie le conoscenze e l’esperienza ma soprattutto la passione per quanto si insegna e la voglia e la capacità di creare empatia e trasmettere qualcosa ai ragazzi e ai bambini che si hanno davanti. Purtroppo, come in tutti i lavori e le attività, ci sono persone più o meno capaci e appassionate. Quel che è sicuro è che per un bambino o un ragazzo incontrare validi insegnanti ma più in generale persone e luoghi che dedicano loro tempo, attenzione e passione è sempre più raro e allo stesso tempo prezioso. La riduzione dei tempi per le lezioni, l’affollamento delle classi, l’eccessiva importanza data alle prove, alle loro valutazioni e alle pratiche burocratiche da sbrigare sicuramente riducono il tempo da dedicare alla relazione coi ragazzi e allo sviluppo di un dialogo costruttivo volto a coltivare curiosità, interessi e conoscenze più ampie.

 

9)Perché molti insegnanti sono precari?

La precarietà degli insegnanti è un fenomeno sempre più dilagante: a settembre quasi 200 mila cattedre saranno vacanti e probabilmente, come succede ormai da anni, fino a novembre non saranno coperti tutti i posti. Questo è dovuto principalmente alla mancanza di una regolarità dei concorsi per permettere il cosiddetto turnover con gli insegnanti che vanno in pensione. Purtroppo manca anche completamente da anni un sistema che fornisca adeguati strumenti e la cosiddetta “abilitazione” agli insegnanti precari e che permetta loro di trovare una progressiva stabilizzazione attraverso canali alternativi ai concorsi.

Nel 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha condannato l’Italia per abuso di ricorso a contratti a tempo determinato, con la sistematica violazione, in particolare nel mondo della scuola, di una direttiva che impone ai Paesi europei il termine massimo di tre anni di lavoro precario. In questi sei anni si sono registrati numerosi ricorsi individuali e collettivi per ottenere la stabilizzazione, ma le diverse sentenze  hanno dato ragione a chi ha fatto ricorso solo per il risarcimento del danno e non per la stabilizzazione. Tutto questo danneggia non solo gli insegnanti e in generale i dipendenti scolastici, costretti a vivere anche per oltre dieci anni da precari accumulando nel tempo frustrazione e disagio, ma mina il diritto allo studio e alla continuità didattica degli studenti.

 

10)Una posizione molto critica è l’insegnante di sostegno: con la pandemia è diventato impossibile seguire personalmente i ragazzi ma già prima c’erano problemi? Il ministero è stato in grado di garantire pari opportunità?

Gli insegnanti di sostegno hanno acquisito sempre più importanza nel tempo, con l’aumento delle difficoltà nei bambini e nei ragazzi e una crescente attenzione e riconoscimento di tali disagi. Purtroppo però, a fronte di una maggiore sensibilità e impegno delle scuole e dei docenti competenti per accogliere e favorire la presenza e partecipazione di tutti alla vita scolastica, finora non è stato garantito l’accesso a un numero adeguato di aspiranti insegnanti ai percorsi di formazione e abilitazione. Inoltre, in questo caso specifico, la precarietà degli insegnanti e l’impossibilità di garantire la continuità didattica a questi studenti complica ulteriormente la situazione.

Ovviamente la didattica a distanza, per quanto inevitabile in piena emergenza, ha impedito la partecipazione alle attività didattiche degli studenti con maggiori difficoltà o reso molto gravoso il lavoro degli insegnanti di sostegno per consentire di seguire le lezioni e stare al passo col resto della classe.

 

11)Ha fatto scalpore l’anno scorso che molti alunni del Paladini abbiano dovuto seguire le lezioni nei container, senza contare la situazione del Giorgi e del Fermi. Ad oggi però nessuno ne parla più e questa sembra essere diventata la nuova normalità. Ma è davvero così?

Gli istituti Paladini, Civitali, Carrara, Fermi e Giorgi anche quest’anno hanno incontrato grandi difficoltà nel reperire gli spazi necessari per garantire il regolare svolgimento delle lezioni. Il Paladini continua ad essere quasi interamente “collocato” nei container nell’area esterna al vecchio ospedale Campo di Marte. Il Civitali è collocato in parte nei container presso il Carrara e in parte nell’ala ristrutturata di quest’ultimo. I lavori del padiglione Stadio del Carrara sono fermi da anni, nonostante le ripetute promesse della Provincia, per cui l’ITE è costretto a fare lezione anche in locali – sgabuzzino (dove gli studenti non si vedono tra di loro) o in aule separate con il cartongesso. Anche i lavori alla sede storica del Civitali non sono mai iniziati.

Il Fermi ha dovuto allestire un grande container nel parcheggio della scuola per rispondere al continuo aumento di iscritti negli ultimi anni e alla mancanza di aule sufficienti nonostante un edificio molto vasto. Il Giorgi ha dovuto lasciare la scorsa estate la storica sede in via del Giardino Botanico e il trasferimento dei laboratori, l’allestimento delle aule e l’organizzazione dei trasporti per rimettere in funzione l’edificio scolastico di Saltocchio dismesso da alcuni anni ha richiesto inevitabilmente alcuni mesi e creato molti disagi fino a novembre.

In questo ultimo mese in alcune scuole della Piana, soprattutto primarie, sono partiti lavori di ristrutturazione e ampliamento ma anche le superiori da anni necessitano di interventi che tardano ad arrivare.

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