Indagine su un “Lucca Comics” al di sopra di ogni sospetto

Riceviamo e pubblichiamo volentieri un articolo di Luca Pappalardo (già uscito su medium.com) dedicato al mondo di Lucca Comics & Games, fra le polemiche per le paghe da fame dei “felpati”, denunciate lo scorso anno da gruppo Lucca Crepa, e le profonde incertezze sulle condizioni di realizzabilità di un tale festival nel contesto del Covid.

Al di là del “taglio politico” dell’autore, l’aspetto di questo lavoro che crediamo meriti più visibilità è l’inchiesta che ricostruisce le origini di Lucca Crea S.r.l come società per azioni nell’ambito del macro-contenitore Lucca Holding. Scopriamo così che la mega-macchina di Lucca Comics & Games S.r.l., i cui utili netti sono letteralmente schizzati all’insù a partire dall’edizione 2013, è probabilmente servita in gran parte a ripianare i debiti della società Lucca Fiere & Congressi S.p.A. (proprietaria del Polo Fiere di Sorbano), e le spese sostenute dal Comune di Lucca per assumerne il controllo.

Inoltre, circa le infime retribuzioni dei “felpati”, ci sembra importante ricordare – e questo articolo lo dimostra – che altre soluzioni rispetto alla gara al ribasso vinta da GSI Security per il biennio 2018-19 (con un risparmio per Lucca Crea rispetto alla spesa preventivata pari a 84.000 euro!) erano comunque percorribili, con un po’ di coraggio e volontà politica da parte dell’attuale amministrazione che se ne è invece letteralmente lavata le mani. Si è detto e ridetto che i contratti nazionali questi erano, che la colpa era dei sindacati (e figuriamoci se su questo dissentiamo…), che il Codice degli appalti impone la legge dell’offerta più al ribasso… Eppure, siamo ancora convinti che, se non altro in forma indiretta, aggirando la dimensione più propriamente contrattuale, delle soluzioni per aumentare il salario reale dei “felpati” potevano essere comunque varate: ad esempio concedendo loro parcheggi gratuiti riservati e un buono pasto da 10 euro per ogni giorno del festival. È mancata, lo ripetiamo, la volontà politica da parte di Lucca Crea e della giunta comunale.

Il festival che si annuncia per questo autunno, fra le tante fantasmagorie annunciate in toni trionfalistici circa il suo carattere diffuso e virtuale, e le ben più profonde e reali incertezze relative al rischio sanitario connesso a un assembramento di queste dimensioni, lascia ancora nell’ombra tutte le questioni di sostanza denunciate lo scorso autunno da Lucca Crepa: dai biglietti sempre più cari alle paghe sempre più basse della manodopera del grande evento.

Se i posti a disposizione dei visitatori paganti saranno limitati, è più che probabile che il loro prezzo raddoppi se non triplichi. Se nel contesto dell’attuale crisi economica, la disoccupazione galoppante e l’emergere di nuove forme di povertà ed esclusione dagli ammortizzatori sociali saranno una compagnia che non se ne andrà tanto velocemente, è altrettanto probabile che la platea di persone disposte a lavorare anche per paghe miserrime aumenti. È la legge del mercato. Staremo a vedere se ad essa saprà nuovamente contrapporsi la legge della lotta.

 

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Indagine su un “Lucca Comics” al di sopra di ogni sospetto

In vista di un’edizione 2020 ancora piena di domande, uno sguardo tra le pieghe di Lucca Comics & Games: macchina dei sogni o ingranaggio di un sistema difettoso? Tra basse retribuzioni, strane operazioni societarie e misteri contabili.

Dopo mesi di domande, dubbi, dilemmi e trepidazione, il 10 luglio 2020 esce l’annuncio: Lucca Comics & Games 2020 si farà. Pare che, poco prima della pubblicazione, fra gli organizzatori sia serpeggiato un invito: serrate i ranghi, aggrappatevi a qualcosa. Ci sarà più di uno scossone. E in effetti è praticamente un terremoto, con reazioni equamente divise fra chi urla all’incoscienza (“Lucca Covid and Games”) e chi stappa lo champagne. Il comunicato è magniloquente, ma scorrendo il testo non si capisce granché. È una dichiarazione d’intenti, non un programma: sì, la città è ancora il cuore dell’evento. Ma anche: sì, tutto avverrà in sicurezza. Esploreremo le possibilità del digitale, faremo i campfire (eventi diffusi sul territorio nazionale); non ci aspettiamo di vendere 271.000 biglietti, ma vivificheremo la città. La seconda fiera di fumetti più grande al mondo, che l’anno scorso ha toccato le 400mila presenze uniche, è ottimista. Ciò nonostante, nell’aria resta la domanda fondamentale: come verranno gestiti quegli spazi pubblici che ogni anno sono vissuti per metà (e più) da visitatori senza biglietto? Le centinaia di migliaia di presenze per le quali il concetto di Lucca Comics sembra essere ben più discriminante delle modalità entro cui si articola la fiera? Se si alza la marea, chi dovrà provare a fermarla con le dita?


Lo “scandalo dei felpati”

Facciamo un passo indietro di un anno. L’edizione di Lucca Comics & Games del 2019 verrà ricordata a lungo: non solo per i risultati raggiunti, ma anche per il cosiddetto “scandalo dei felpati”. Grazie all’iniziativa di un gruppo di ex-lavoratori, che su Facebook comunicano attraverso la pagina “Lucca Crepa”, per la prima volta si parla diffusamente delle condizioni retributive di quelle centinaia di lavoratori che giorno e notte presidiano gli spazi della manifestazione, svolgendo (fra gli altri) i servizi di custodia, portierato, controllo degli accessi e regolamentazione del flusso di persone. Un ruolo fondamentale, del quale oggi più che mai sembra opportuno tornare a parlare.

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I felpati protestano durante l’edizione del 2019

Come abbiamo scoperto pochi mesi fa, nel biennio 2018 e 2019 le retribuzioni dei felpati erano bassissime: si parla di 4,60€ netti all’ora per il servizio diurno e di 3,40€ per il servizio notturno. Fra Ottobre e Novembre del 2019, dopo qualche giorno di comunicati stampa, articoli e polemiche, interveniva Emanuele Vietina, Direttore Generale di Lucca Crea S.r.l. (la società che organizza il Comics): la questione è tecnica, ci sono vincoli ai quali Lucca Crea non può sottrarsi. Ma, prometteva in un’altra intervista, per l’anno prossimo cercheremo di far meglio. Sono le stesse considerazioni di Mario Pardini, Presidente di Lucca Crea, che a metà Ottobre 2019 le aveva formulate a seguito di alcune prime polemiche. Ma non tutti sono d’accordo. In effetti, la bassa remunerazione dei felpati era un argomento che già un anno prima Massimiliano Bindocci, consigliere M5S del Comune di Lucca, aveva messo sul tavolo. Per fare meglio, diceva allora, “gli strumenti contrattuali ci sono”. Serviva la volontà politica.

A inizio Dicembre del 2019, l’argomento viene sviscerato in una seduta della Commissione Partecipate del Comune di Lucca. Per certi versi, la questione è lo specchio in piccolo di un mondo del lavoro sempre più precario. Lucca Crea ha pochissimi dipendenti, quindici compreso il consiglio di Amministrazione (dati di Marzo 2019). Un nucleo compatto di organizzatori a tempo pieno, che esternalizza molte attività attraverso consulenti e collaboratori. Nei cinque giorni della manifestazione, però, ha bisogno di moltissime persone per un tempo limitato. Il numero che ci interessa non è chiaro, ma, fra le parole di Vietina di Dicembre e le relazioni tecniche dei bandi del 2018, per i “felpati” diciamo pure circa duecento. Come gestirle?

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Mario Pardini, Presidente di Lucca Crea (a sinistra) ed Emanuele Vietina, Direttore Generale (a destra)

Il punto di vista dell’amministrazione è chiaro: tra le fragili cornici giuridiche entro cui inquadrare il lavoro temporaneo, le difficoltà di gestione e i vincoli cui è sottoposto il Comune, le opzioni sembrano poche. Finché c’erano i voucher, si sono usati quelli. Venuti meno i voucher, è restata solo una possibilità: fare un bando di gara Europeo (regolato dal Codice degli Appalti) e assegnare a una società terza il servizio. Nel bando di gara Lucca Crea definisce alcune condizioni, e poi conclude un appalto di servizi con la società aggiudicatrice. I lavoratori sono assunti direttamente dalla società terza (o “forniti” alla società terza da un’ulteriore società di somministrazione lavoro, il punto non è chiarissimo).

Le condizioni dei bando, però, non bastano a tutelare tutti. Il Codice degli Appalti pone alle amministrazioni comunali alcune restrizioni, fra cui l’impossibilità di definire una retribuzione minima per la manodopera utilizzata nel servizio. Ordinarie assurdità da libero mercato. C’è giusto l’obbligo, per i partecipanti alla gara, di rispettare “il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto del presente appalto”. Ok, ma quale precisamente? Il meccanismo qui si fa perverso: di possibili CCNL applicabili ce n’è tanti. Se il bando lo vince una società che applica un CCNL vagamente sensato, conta ben poco la retribuzione: o Lucca contesta la pertinenza (esponendosi al rischio di un contenzioso) o niente. Senza contare che non è detto che fra gli altri partecipanti ce ne sia uno che applica un CCNL migliore.

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I felpati

Per il biennio 2018 e 2019, i servizi di portierato diurno e notturno vengono vinti da GSI Security Group S.r.l. La società si aggiudica i due appalti per un valore complessivo di circa 592mila euro, contro i 676mila euro stimati da Lucca Crea: 84mila euro risparmiati sul budget (e il profitto di GSI a quanto ammonta?). GSI Security Group S.r.l. applica il “contratto collettivo per dipendenti da istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari”, firmato da Fisascat Cisl e Filcams Cgil e fermo al 2013. La pertinenza più o meno c’è; di offerte alternative ce ne sono una manciata; i contenziosi non li vuole nessuno; aggiungiamoci pure che se Lucca Crea spende più di quel che potrebbe, i suoi amministratori rischiano di essere responsabili del cosiddetto “danno erariale”… Non si poteva fare altrimenti. La colpa, dice Pardini in un’altra intervista, è del CCNL applicato, e quindi dei sindacati.

Massimiliano Bindocci ha un punto di vista diverso. Tanto per cominciare, ricorda in quella riunione di Dicembre, per l’edizione 2017 le cose sono andate diversamente. I voucher non c’erano, eppure Lucca Crea trovò delle soluzioni alternative. Qui il quadro si fa confuso: in parte c’è stato un bando di gara con un successivo appalto, ma a valle di un accordo sindacale con cui veniva individuato il CCNL più pertinente (Confcommercio, con remunerazione più alta); in parte i lavoratori sono stati assunti direttamente da Lucca Crea, anche se non è chiaro come (a tempo determinato? In somministrazione?). Vietina la chiama “soluzione-ponte”, ma per qualcuno è una strada ancora percorribile.

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Sul collo degli amministratori alita sempre il fiato caldo del danno erariale, l’ipotesi di essere considerati dei cattivi amministratori per aver (assurdamente) tutelato i diritti dei lavoratori. Di certo però le strade normative non sembrano poche. È vero che il servizio prestato da GSI Security Group non può esaurirsi nella prestazione di manodopera dei singoli lavoratori, altrimenti non sarebbe un reale appalto di servizi: ci sono anche le attività di reclutamento, coordinamento e gestione del personale. Quelle che Lucca Crea non riesce a gestire con la propria skeleton crew. Ma non si potrebbero appaltare queste sole attività, assumendo i felpati a condizioni migliori? Forse. Ma il danno erariale? Ritorna il paradosso: a quanto pare si è obbligati a spendere il meno possibile.

Va detto che la situazione in cui versa Lucca non è nuova: da anni, in qualsiasi settore, gli appalti di servizi sono lo strumento preferenziale per avvalersi di prestazioni ad alto tasso di manodopera. Al di là del labilissimo confine fra illecita somministrazione di manodopera (obbligo di mezzi) e genuino appalto di servizi (obbligo di risultato), la maggiore economicità dell’appalto rispetto all’assunzione diretta è un rompicapo. Un’assunzione diretta dovrebbe implicare solo i costi della manodopera, mentre un appalto a terzi ha in sé sia i costi della manodopera sia l’utile della società terza. Eppure, in qualche misura, conviene di più. Il bandolo della matassa starebbe nei mezzi (beni strumentali, organizzazione): se appalti a un terzo, è perché non ce li hai. Il terzo invece sì. Sia come sia, esternalizzare conviene quasi sempre.

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In quella famosa riunione di Dicembre, comunque, a un certo punto è proprio Vietina a ipotizzare una soluzione: adottare un regolamento degli acquisti che permetta di uscire dai vincoli del Codice degli Appalti. Colpo di scena? Fatto sta che, come ricordava sempre Bindocci nel 2018, le soluzioni sembrano esserci, e anche se alcune pongono dei problemi, nessuno pare insormontabile. L’appalto di servizi con bando di gara, più che l’unico mezzo, sembra essere quello più comodo, economico o sicuro. Sotto questa luce, la domanda sulla strada da prendere diventa una domanda sulla natura di Lucca Crea, sui suoi principi, la sua filosofia di fondo.


Lucca Crea S.r.l.: una piccola società locale?

In ogni caso la situazione è complessa. Forse i vincoli ravvisati dall’amministrazione di Lucca Crea esistono. Forse il problema è proprio quello, più ampio, di un mondo del lavoro con sempre meno tutele. O forse esistono degli spazi all’interno dei quali è possibile operare in piena legittimità, purché ne esistano le condizioni. Che in questo caso sembrano essere due: la volontà politica, e la sostenibilità economica.

Della prima non si può dire. Ma per la seconda, i bilanci parlano chiaro: nella nota integrativa al bilancio 2013, Lucca Comics & Games S.r.l. annuncia un utile dopo le imposte di quasi 75mila euro come “il più alto utile di sempre”. L’anno successivo, l’utile dopo le imposte è di oltre 230mila euro: più del triplo. Nel 2016 l’utile sarà pari a quasi 420mila euro. I ricavi dipingono un quadro ugualmente roseo: se tra il 2013 e il 2018 il numero di biglietti venduti oscilla fra i 200mila e i 271mila, i ricavi di Lucca Crea S.r.l. passano da 3,6 milioni a 7,2 milioni (come vedremo in parte è merito del Polo Fiere). Nel medesimo arco temporale, tra un incremento dei ricavi del 100% e un utile medio di quasi 190mila euro, Lucca Crea S.r.l. non è certo la piccola società di paese che arranca per arrivare a fine anno. Senza considerare che queste cifre sono ben poca cosa di fronte alla reale utilità apportata al Comune di Lucca: l’indotto della fiera, che, stando a una ricerca della Scuola IMT Alti Studi Lucca, per l’anno 2017 era compreso fra i 55 e i 100 milioni di euro.

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Al netto di qualunque vincolo, è legittimo storcere il naso di fronte a una società che con questi utili non riesce a garantire una remunerazione adeguata alle proverbiali ultime ruote del carro. Che sia allora un problema di volontà politica? Che sia perché Lucca Crea non è più solo Lucca Comics & Games? Qui, se possibile, la questione si complica ulteriormente, diventando quella assai più ampia del ruolo che Lucca Crea svolge all’interno dell’economia cittadina. Un ruolo che dal 2015 si è fatto complesso, e che incrocia una storia quasi ventennale non priva di ombre. Per provare a districarla è necessario navigare fra i bilanci della società-madre di Lucca Crea S.r.l. È una storia vecchia, di amministrazioni non più in carica, ma utile a comprendere la società che conosciamo oggi.


La strana storia del Polo Fiere di Sorbano

Lucca Holding S.p.A. è una società di proprietà del Comune di Lucca, e costituisce “lo ‘strumento cardine’ attraverso il quale il Comune di Lucca realizza la sua attività di controllo, raccordo e di indirizzo strategico nei confronti delle società controllate e/o partecipate, in particolar modo di quelle aziende che erogano servizi pubblici locali”. Lucca Holding S.p.A. è proprietaria al 100% di Lucca Crea S.r.l., e fino al 2015 era proprietaria al 100% anche di un’altra società: Lucca Fiere & Congressi S.p.A. (ex Lucca Polo Fiere & Tecnologia S.p.A.), che a sua volta era proprietaria del complesso immobiliare del Polo Fiere di Sorbano.

La storia del Polo Fiere è una storia complessa, e solo un revisore contabile potrebbe districarla fino in fondo. Quel che pare certo è che la relazione con Lucca Holding comincia nel 2003, quando la società del comune inizia ad acquistare le azioni di Lucca Polo Fiere. Tra il 2003 e il 2007, in tre tranche di acquisti, arriverà a possedere il 49,55% di Lucca Polo Fiere: quasi la metà. Le quote restanti sono di privati, ma non lo resteranno per molto tempo.

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Il Polo Fiere di Sorbano

La società va malissimo: chiude l’anno con quasi 300mila euro di perdita, e ha un patrimonio di 4,6 milioni. Ciò nonostante, nel bilancio di esercizio di Lucca Holding la quasi-metà di Lucca Polo Fiere vale da sola intorno ai 5 milioni di euro. La ragione sembra essere legata al prezzo pagato da Lucca Holding per l’acquisto delle varie tranche di partecipazioni nel corso degli anni; più alto di quello che ci si aspetterebbe, considerato il patrimonio della società, ma giustificato da un plusvalore immobiliare del complesso di Sorbano (certificato da una perizia). Insomma: il Comune sembra averla strapagata, ma in realtà quei soldi la società li varrebbe tutti. Il Polo Fiere avrebbe una capacità reddituale enorme, anche se ancora tutta da scoprire.

Fino al 2012 la situazione non cambia: la società chiude ogni anno in perdita. Nel 2009, sulla base di una delibera dell’allora sindaco di centro-destra Mauro Favilla, Lucca Holding compra da Valore S.p.A. (socio privato di Lucca Polo Fiere) il 13,4% di Lucca Polo Fiere. Alle casse del Comune costa più di 2,2 milioni di euro. A quel prezzo tutta la società dovrebbe valere quasi 16 milioni di euro; e con un patrimonio netto di appena 4,3 milioni, nemmeno il plusvalore immobiliare è sufficiente a raggiungere certe cifre. Nel 2010 e nel 2011 Lucca Holding delibera due aumenti di capitale sociale (il secondo dei quali versato solo in parte) tentando di iniettare liquidità in una società che fatica a rimanere a galla e che nel 2011 perde oltre 400mila euro. Per questi aumenti di capitale sociale, Mauro Favilla e altri membri dell’amministrazione comunale di allora finiranno di fronte alla Corte dei Conti per danno erariale; verranno assolti ad Aprile 2020. Mauro Favilla comparirà di fronte alla magistratura anche nell’ambito di un’inchiesta per corruzione apertasi nel 2011 e denominata “Volpe nel Deserto”, legata al progetto immobiliare del Parco di Sant’Anna. Fra gli indagati c’è anche Giovanni Valentini, ex Presidente della già citata Valore S.p.A. Entro Febbraio 2015 saranno tutti prosciolti o assolti.

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A Maggio 2012 viene eletto il nuovo sindaco del PD, Alessandro Tambellini, e le cose cominciano a cambiare. Nel bilancio di esercizio di Lucca Holding del 2012 viene fatto notare che il valore della partecipazione in Lucca Polo Fiere (divenuto Lucca Fiere & Congressi S.p.A.) comincia a essere insostenibile, “dovendosi obiettivamente riscontrare una perdita durevole di valore di cui ormai occorre tener conto”. La partecipazione viene svalutata per quasi 3 milioni di euro.

Dal bilancio del 2014 scopriamo che Lucca Holding, nel presumibile tentativo di risanare la società, ha comprato il restante 31,9% di Lucca Fiere: il comune è ufficialmente socio unico di Lucca Fiere e unico proprietario del Polo di Sorbano. Se nel 2009 le quote erano state comprate a 3,30 euro ad azione, questa volta vengono comprate a 0,80 euro ad azione (un valore decisamente più ragionevole e vicino a quello del patrimonio netto). Sembra l’anno della svolta. Nella relazione dell’amministratore unico si parla di “criticità societarie emerse dalla ricognizione effettuata da Ernst & Young”. Spunta un progetto: accorpare Lucca Fiere con Lucca Comics & Games S.r.l., per sfruttare le “reciproche sinergie gestionali ed operative”. Un nuovo inizio. Nel 2015 viene siglato l’atto di fusione; ci vorrà almeno un anno perché tutto entri a regime, ma intanto l’operazione societaria è conclusa. Lucca Comics & Games S.r.l. incorpora Lucca Fiere e si trasforma in Lucca Crea S.r.l.


Da Lucca Comics & Games a Lucca Crea

Con un patrimonio praticamente decuplicato, Lucca Crea S.r.l. fa il salto di classe. Fra i suoi obiettivi, oltre al Lucca Comics, pare esserci anche la mission (impossible?) di trasformare il Polo Fiere in un buon investimento. Difficile dire se fra i meandri delle astruserie contabili si celi anche l’onere di risanare un qualche buco invisibile: tra il 2015 e il 2018, nel bilancio della holding, gli utili della “nuova” Lucca Crea vengono svalutati per 160mila euro ogni anno, a causa dell’ammortamento dell’avviamento residuo (che c’entri qualcosa quel famoso plusvalore?). Per assorbire la svalutazione serve un utile almeno equivalente che faccia da cuscinetto. Ma forse sono solo tecnicismi contabili. Di certo per il Comune di Lucca il Polo Fiere è il lascito imbarazzante di un’amministrazione chiacchierata, oltre che un colosso immobiliare costato milioni di euro e ben poco utilizzato.

Comunque non si può dire che manchi l’impegno. Tra il 2015 e il 2018 l’attuale Direttore Generale di Lucca Crea, Emanuele Vietina, fa in tempo a: diventare co-direttore della manifestazione Lucca Comics & Games per l’edizione 2016; diventare Direttore Esecutivo di Lucca Crea e guidare la riorganizzazione aziendale conseguente alla fusione con Lucca Fiere; dimettersi (salterà l’edizione del 2017); lavorare sei mesi a Londra per Amazon; tornare in Italia e vincere il bando da Direttore Generale della società giusto in tempo per la manifestazione del 2018. Vietina è un veterano del Comics, è stato vice-direttore della manifestazione per quasi dieci anni e sa come muoversi: persino il Polo Fiere, sotto le sue “magiche” dita, sembra tornare a nuova vita. Nel bilancio di Lucca Crea del 2016, la voce “ricavi da manifestazione polo fiere” segna quasi 550mila euro. Il plusvalore immobiliare comincia a farsi vedere.

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Anonimo omaggio murario a Emanuele Vietina

Per questo, quando dice che “non si può chiedere a una piccola società locale che organizza degli eventi di fare quello che non fa il legislatore”, viene da strabuzzare gli occhi: sotto la sua guida, la “piccola società locale” ha fatto quello che in dieci anni nessuno era riuscito a fare. Incredibile che, fra tanti risultati, il più difficile sia proprio quello di garantire una retribuzione adeguata ai felpati. Ma se è vero, come è emerso dal dialogo di Dicembre, che gli strumenti esistono, forse i problemi organizzativi iniziano a essere soverchianti per una società che si è ritrovata, suo malgrado, a dover gestire anche la pecora nera delle partecipate comunali. Alle variabili di sostenibilità economica e volontà politica se ne aggiunge una terza: la sostenibilità gestionale — non solo del singolo problema-felpati, ma di un’intera realtà societaria ogni giorno più complessa.

Si è tentati di correre a conclusioni, e dire che con le nuove responsabilità conseguenti alla fusione, Lucca Crea sia cambiata più profondamente di quel che potrebbe sembrare. Una cosa è guidare, anno dopo anno, la stessa rodata manifestazione; un’altra è prendersi in carico la gestione di uno degli immobili più problematici del Comune. Nuovi obiettivi, nuove esigenze, nuova mentalità: il successo c’è, ma ha un costo. Se la storia di ogni organizzazione è un continuo bilanciamento di interessi, nel futuro di Lucca Crea c’è ancora spazio per quisquilie come 3 euro in più all’ora per i felpati?

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In realtà sarebbe un’espediente retorico un po’ facilone, e anche parecchio azzardato: tracciare una continuità fra le due cose ha senso solo per un autore che si sta avvicinando alla conclusione del pezzo, e cerca di rispettare un qualche principio di coerenza interna. Ma chi scrive non crede fino in fondo a questa continuità. La sostenibilità gestionale — la fatica di giocolare quindici birilli tutti insieme — resta, nonostante tutto, il candidato migliore. In un mondo di eventi culturali che vivono di volontariato, Lucca Comics & Games paga praticamente tutti da oltre quindici anni. La valutazione in termini assoluti va fatta, quella in termini relativi anche. E la ricerca di un Supercattivo esemplare non sempre produce risultati. Resta sullo sfondo, nascosto da un proverbiale Sistema in cui, sulla strada che porta al profitto, fra una regola e l’altra qualcuno ci va di mezzo.


Dreaming Lucca 2020

E proprio perché Lucca Crea vive in quel sistema, è importante assumere uno sguardo lucido. Ricordarsi che le sue specifiche forme non sono le uniche possibili; che si può vivere dentro fuori da quel sistema, e che fuori dal quel sistema non si vive per forza male. Ogni anno, in concomitanza con il Comics, c’è il Borda!Fest: festival indipendente, auto-organizzato e contraltare al Comics, che propone un diverso modo di vivere la cultura del fumetto. Nato per provare a fare “un grande festival di fumetto in un modo completamente diverso, che non sembrasse un supermercato ma che fosse un punto di incontro fra esseri umani”; l’occasione per riflettere su un Comics che non è solo indotto e festività ma anche gentrificazione urbana, militarizzazione degli spazi e altare al consumo. Nell’indotto, nella “ricchezza per i cittadini”, si specchia un’altra storia, ancora tutta da raccontare: quella di un tessuto urbano ormai saturo che ogni anno si riscopre plastico intorno alle esigenze dell’evento, fra temporary store e affitti a ogni costo, permettendo a chi ha già di capitalizzare e lasciando agli altri qualche briciola in più. Ma a quale prezzo? Qualcuno parla di “invasione”, anche se da questa prospettiva un termine migliore sarebbe “simbiosi parassitaria”. Ma per parlare di questo servirebbero altri dati, ricerche sul campo, altre prospettive: non lo faremo qui.

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Il Borda!Fest al Baluardo San Martino

Sta di fatto che Borda!Fest ha assunto una posizione molto più netta di quella del Comics: l’evento salterà. “Non abbiamo intenzione di adattare il Borda!Fest a questa nuova normalità che ci è imposta dall’emergenza covid. Sono anni che parliamo di network tra artisti e artiste, di festival come luogo di incontro e ci sembrava impossibile e antitetico immaginare il festival senza momenti di aggregazione e sottoposto al distanziamento sociale. […] Non sappiamo come sarà la situazione in autunno, ma non possiamo permetterci di organizzare tutta l’edizione e poi ritrovarci a non poterla mettere in pratica”. Di fronte a un Comics che punta al cielo (con ali di cera?) le frange antagoniste assumono una posizione di freddo realismo; forse la più ragionevole, comunque la più sicura.

Si è tentati di operare un confronto esplicito, dal quale emerge una considerazione banale: la propensione al rischio è uno strano affare. Per Crea i rischi del danno erariale paiono quasi insormontabili, ma una soluzione all’emergenza sanitaria — be’, quella si può sempre trovare. Ma se, in passato, il famigerato danno erariale non si è concretizzato nemmeno di fronte a operazioni ben più discutibili; per l’emergenza sanitaria il rischio di un disastro sembra essere più concreto. Fiera che vai, scelte che trovi.

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Immagine di Marzo 2020

Alle soglie di un Comics annunciato in pompa magna, ma con ancora tanti dubbi da chiarire, è importante tener presente tutto questo. Ricordarsi che dietro i sogni c’è sempre (nel bene e nel male) un ammasso di persone, di fatti, dati, storie. Esigenze non sempre trasparenti, problemi non sempre facili: scelte esercitate all’interno di moltissimi possibili. Una realtà materiale da capire. Proprio oggi che qualcuno sembra dire: chiudi gli occhi, apri il cuore, credi nei sogni e non rompere i coglioni, è importante tenere la bilancia in equilibrio. Costringere i nostri idoli a uno scrutinio approfondito, a rischio di iniettare nella tanto attesa “Isola che non c’è” una grigia dose di realtà. Sarebbe facile abbandonarsi all’entusiasmo, credere — come da slogan dei mesi passati — che “tutto andrà bene”. Ma le cose non sono facili per nessuno; e se a Dicembre Lucca Crea era pronta ad affrontare il tema dei felpati, con la pandemia le priorità potrebbero essere cambiate.

Ma dato che a tutti piace sognare, chiudiamo così: sognando un Lucca Comics and Games 2020 dove tutto andrà bene. Una manifestazione come gli altri anni, ma diversa. Magari con stipendi più alti, dove nessuno degli “ultimi” debba andarci di mezzo (nella salute o nel portafogli). Sogniamo pure questo simbolico Supereroe corporate, una realtà divisa fra mondi che sappia tenere insieme le contraddizioni del Grande Evento; che, pur lavorando dentro alle logiche di un sistema quasi sempre ingiusto, riesca comunque a dividere equamente la torta con tutti. Sogniamo pure due piedi in una scarpa: non costa nulla. Ma a sogno esaurito, guardiamoci intorno; chiediamoci fin dove siamo disposti a tirare una coperta così corta che anche i più idealisti non la vogliono usare. E teniamoci pronti, se servirà, a rimetterla nel cassetto — almeno fino all’anno prossimo.

Luca Pappalardo

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